look in my eyes, you're killing me., Long-fic. Shannon Leto, Nuovo Personaggio.

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railen.
CAT_IMG Posted on 1/10/2010, 10:28




Titolo: look in my eyes, you're killing me.
Genere: Generale, Sentimentale, Drammatico.
Autrice: railen.
Rating: Verde.
Capitolo: first chapter ~ bacio rubato.
Personaggi: Shannon Leto // Remy (Personaggio inventato)
Note dell’autrice: Finalmente arrivo con una Long Fiction! Vi avverto che probabilmente non sarò velocissima. Ho anche un'altra Fan Fiction da portare avanti, poi a volte c'è Photoshop che mi chiama, poi Facebook, Twitter... I MARS hanno bisogno del mio contributo ù.ù
Detto ciò, vi lacio il primo capitolo, sperando vi piaccia ♥
E qui sotto, nello spoiler, c'è la copertina vera e propria *-*


SPOILER (click to view)
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LOOK IN MY EYES
you're killing me


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A poca distanza da lei, Shannon Leto nemmeno la calcolava. In quel momento stava prestando la sua completa attenzione sulle decine di ragazze che lo accerchiavano e lei era ancora troppo indietro per poter essere notata.
Remy ripercorse lentamente ogni singolo istante passato al concerto, studiandone i particolari.
Non era riuscita a staccare gli occhi dalla figura di Shannon, che scatenato aveva suonato la batteria come se avesse il diavolo in corpo. Nemmeno il fratello - nonché frontman della band - era riuscito a catturare la sua attenzione, benché andasse avanti e indietro per il palco, correndo, saltando e incitando il pubblico a cantare con lui.
A volte c’era Tim, il bassista non ufficiale della band a impedirle la vista, ma erano giusto pochi attimi, perché poi i suoi occhi chiari tornavano alla figura di Shannon.
Adorava ogni singolo movimento che facevano le bacchette, tanto rapide da ingannare la forza di gravità a suo parere. Oltretutto era convinta che ogni colpo dato da quelle bacchette corrispondesse al battito del suo cuore.
Era perciò vitale ed essenziale.
Gli occhi di Shannon erano attenti e curiosi e vagano su tutti quei visi, osservando le tipiche espressioni da pesce lesso delle ragazze lì intorno. Sentiva il desiderio sessuale pulsare nell’aria, tanto intenso da sfiorargli la pelle e fargliela accapponare. Ma continuava a sorridere e a rispondere alle loro domande, senza smettere di firmare autografi su autografi.
Amava i fans – soprattutto le fans -, li considerava come una famiglia. Però si chiedeva quante di quelle ragazze fosse lì solo per la loro musica. A volte gli capitava di dover sentire solo lodi a Jared, il suo adorato fratellino, e purtroppo sapeva perfettamente che ai concerti c’erano persone che venivano solo per lui.
Aveva quel genere di pensieri solo perché non si era accorto di uno sguardo concentrato su di lui, uno sguardo in cui non c’era traccia di lussuria e desiderio. Nelle iridi chiare si rifletteva soltanto lui.
La ragazza fu spinta in avanti da una massa di ragazzine, così si voltò ad affrontarle e a fulminarle con lo sguardo.
«Non c’è bisogno di spingere, se magari state calme riusciamo tutte ad avere il nostro autografo», disse con calma e sfoderando il miglior sorriso angelico che aveva nel repertorio; era uno di quei sorrisi che ti disarmavano per la loro facilità, uno di quei sorrisi che di solito ti facevano star bene senza un motivo logico.
Nessuno si aspettava qualcosa di diverso da una persona del genere, da quel viso da bambolina. Nessuno sapeva giudicarla veramente. Lei sapeva perfettamente che nessuno avrebbe visto la sua vera natura dietro a quei boccoli biondi e al viso carino, e per fortuna sapeva come sfruttarlo a proprio vantaggio.
Venne spinta di nuovo in avanti e non se ne stupì: chi prendeva in considerazione la parola di una che non arrivava nemmeno al metro e sessanta e aveva un’aria fragile? Era molto più semplice prendersela con lei.
Si ritrovò davanti e quando gli occhi di Shannon – che quella sera erano di un semplice nocciola senza alcuna sfumatura – incontrarono i suoi, non vide alcuna consapevolezza.
In quel momento era solo una fan, una delle tantissime fan che lo accerchiavano e desideravano un pezzetto di lui, un pezzetto della sua maglietta, del suo cappello e ancora peggio, un pezzetto della sua anima.
Ma lei non voleva essere solo una semplice fan. Voleva che Shannon si ricordasse di lei come lei ricordava quell’unica volta che si erano incontrati.
Era lì solo per quel motivo.
«Ciao». L’uomo le sorrise e lei si perse proprio. Il sorriso era bello e spontaneo, mentre la voce era bassa e roca, ipnotica.
Remy ne studiò rapidamente i lineamenti, beandosi del suo viso. I capelli castani erano corti, con un piccolo ciuffo che gli cadeva sulla fronte. Aveva un accenno di barba, che di solito teneva più lunga. Forse il naso era un po’ grosso, ma sul suo viso era perfetto, niente di lui stonava.
Shannon disse qualcos’altro che lei non capì, troppo presa a seguire il movimento delle sue labbra. Il batterista aveva una bocca carnosa, una di quelle bocche che vorresti baciare all’istante, con il labbro inferiore pieno e quello superiore un po’ più sottile ma con una tenera forma a cuore.
Oltretutto quell’accenno di barba intorno ad esse dava loro quel tocco sexy in più.
La ragazza tornò sulla Terra, lasciando da parte le proprie elucubrazioni mentali. Si accorse della sua stessa mano che gli porgeva l’ultimo CD dei Thirty Seconds To Mars, This Is War.
Shannon fissò la ragazza per qualche istante, senza però perdersi in troppi preamboli. Non aveva molto tempo, doveva firmare altre decine di autografi.
Afferrò il CD e gli sorrise, umettandosi le labbra.
«Come va?», continuò lui come se niente fosse successo. Evidentemente capiva la situazione della ragazza che aveva davanti, perché non era la prima volta che qualcuno – o meglio, qualcuna – lo fissava sconvolto.
Remy si riprese del tutto e sorrise a sua volta. «Sto bene. E’ tutto perfetto!».
Non si stupì nel vedere Shannon che era scoppiato a ridere, autografando la copertina del suo CD con un grosso indelebile nero. La sua risata era incredibile, forte e divertente allo stesso tempo, una tipica risata che scatenava poi una reazione a catena.
Continuando a ridacchiare, le porse il CD. «Ti è piaciuto il concerto?».
Remy annuì fissandolo negli occhi. «Certo che sì. Credo proprio che mi farò tutto il tour americano».
La guardò quasi incredulo, spalancando gli occhi. «Beh, allora buona fortuna».
Lei sapeva di aver a disposizione ancora pochi secondi prima di essere congedata, lasciando che lui concedesse lo stesso sorriso e le stesse domande a qualcun altro. Perciò si avvicinò maggiormente e si allungò per prendere il CD, ma fu solo una manovra per afferrargli il polso. Scattò veloce e si alzò in punta di piedi per arrivare alle sue labbra.
Shannon fu preso completamente in contropiede ed era talmente sorpreso che non capì cosa gli stava succedendo finché le labbra della ragazza non toccarono le sue.
Fu un bacio lieve, per niente pretenzioso. Le labbra calde e morbide della ragazza si modellarono perfettamente su quelle dell’uomo, che non seppe quasi rispondere al bacio.
Remy affondò la mano sinistra tra i suoi capelli, mentre con la destra continuava a tenergli il polso. La mano libera di Shannon percorse il braccio sinistro di lei fino al fianco, dove si posò.
Intorno a loro era calato il silenzio, un silenzio carico di tensione e di istinti omicidi.
Quando si allontanò da Shannon e lo guardò, Remy gli accarezzò la barbetta incolta e gli sfilò il CD dalla mano.
«Grazie», sussurrò lei, guardando il viso di lui ancora sconvolto.
Shannon tornò in sé e lasciò scivolare la mano dal fianco, sorridendo malizioso. «Grazie a te, baby».
All’improvviso Remy venne trascinata via da Shannon. Fu presa dai fianchi e sollevata, per poi essere scaraventata a terra. Non fu per niente difficile, dato che era magra come un chiodo.
Si ritrovò sdraiata a fissare le stelle sullo sfondo nero del cielo. Si alzò sui gomiti rendendosi conto che bruciavano e pulsavano, così li guardò: da entrambe le parti si era sbucciata e la pelle tendeva ad un colore scarlatto, merito del sangue che colava fino ai polsi.
Si passò le mani sulle ferite fresche, lievemente, giusto per togliere i sassolini fastidiosi che le ricoprivano.
Quando alzò la testa, si ritrovò ad affrontare una marea di occhiatacce. Erano tutte inferocite e di certo non poteva biasimarle.
All’improvviso trovò che la cosa fosse buffissima; quei visi deformati dalla rabbia erano veramente divertenti, così sorrise e scoppiò a ridere, facendole incazzare ancora di più.
L’aria si riempì delle urla isteriche delle fan e quelle più tonanti delle guardie del corpo di Mr. Leto che tentavano di difenderlo da nuovi possibili assalti.
Remy continuò a ridacchiare e guardò brevemente le persone che la circondavano.
«Si può sapere cosa volete?», chiese in tono di sfida. «Cos’è che vi dà tanto fastidio? Che io l’abbia baciato o che ho avuto il coraggio di fare qualcosa che voi vi limitate a sognare?». Si alzò in piedi, mettendo al riparo nella tracolla il suo CD autografato. Era per quello che si era sbucciata i gomiti e non le mani, perché non aveva voluto appoggiarle col rischio di rompere la custodia di plastica o peggio, direttamente il CD.
Ancora a testa bassa, non riuscì ad evitare quello che avvenne: fu afferrata per la maglietta e fu tirata con tanta forza da andare a sbattere contro la persona che la stava aggredendo. Tentò di liberarsi, ma si arrese immediatamente perché non aveva abbastanza forze per farlo. Certo, poteva diventare veramente cattiva, ma in quel momento non voleva reagire.
Perciò rimase ferma e si limitò semplicemente a fissare il viso deformato dalla rabbia di una donna della sua età ma con qualche problemino di acne.
«Aiutatela!», urlò una voce maschile.
Ci fu lo stupore generale perché nessuno si aspettava che proprio Shannon Leto corresse in suo soccorso. Perfino Remy rimase a bocca aperta, perché grazie a Shannon la Security andò a proteggere lei.
Santo iddio, si ritrovò a pensare, l’ho appena baciato e lui mi aiuta!
Era stato così facile che avrebbe potuto piantargli un coltello nello stomaco senza alcuno sforzo, se fosse stata una malintenzionata. Eppure lui supplicava perché l’aiutassero. Dovevano aiutare la ragazza che lo aveva praticamente assalito.
Due grossi omoni la separarono dalla ragazza con qualche problema cutaneo. Senza alcuno sforzo, uno di loro la sollevò portandola dietro al proprio corpo, intuendo immediatamente che non era lei quella che cercava la rissa.
«Forse è il caso che tu vada via», disse l’omone in maniera sgarbata.
Remy lanciò un’occhiata alla ragazza trattenuta dall’altro uomo della Security. Annuì e sospirò. «Si, lo penso anch’io».
Indietreggiò lentamente e i suoi occhi scattarono veloci sulla folla, tenendo d’occhio le espressioni inferocite delle fans. Non poteva sapere se qualcun altro avrebbe cercato di stenderla, però era veloce e poteva fuggire facilmente. Tutto stava nel precedere le mosse altrui.
In cerca di qualcosa di meno minaccioso, i suoi occhi si spostarono su Shannon che stava rientrando nell’edificio, sospinto da un paio di bodyguard.
L’attenzione dell’uomo non era sulla folla, ma solo su di lei. Gli occhi nocciola studiavano ogni movimento di Remy con un po’ di apprensione.
Quando si accorse dello sguardo della ragazza piantato su di lui, sorrise malizioso e la salutò con un breve gesto della mano prima di sparire oltre la porta.
La ragazza scosse la testa e sorrise a sua volta, per poi girarsi e correre via una volta rientrato.
Mentre correva lasciandosi tutto alle spalle, non poté fare a meno di ripensare a lui.
Alle sue labbra fresche e morbide che erano state in grado di accendere un incendio dentro di lei, a far battere il suo cuore con maggiore intensità. Al suo sguardo magnetico. E infine a quel sorriso malizioso che non aveva alcun senso nel contesto.
Correndo in mezzo alle persone, si trattenne dal ridere scuotendo la testa.
Forse non era l’unica pazza in giro, quella sera.
 
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railen.
CAT_IMG Posted on 1/10/2010, 11:51




Titolo: look in my eyes, you're killing me.
Genere: Generale, Sentimentale, Drammatico.
Autrice: railen.
Rating: Verde.
Capitolo: second chapter ~ sorpresa ad alto contenuto isterico.
Personaggi: Shannon Leto // Remy (Personaggio inventato)
Note dell’autrice: Questo capitolo ha un titolo assurdo, però mi piace xD
Ma ora veniamo a noi! Ecco qui il secondo capitolo e spero che vi piaccia anche questo ♥


LOOK IN MY EYES
you're killing me


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Sorseggiò il caffè e chiuse gli occhi, rabbrividendo di piacere. Lasciò che il dolce aroma si posasse sulla sua lingua, gustandolo a pieno, e poi deglutì in modo che quel nettare scendesse lungo la gola.
Quando riaprì gli occhi, fissò il bicchiere di cartone bianco che teneva in mano.
«Sia benedetto il creatore di Starbucks», disse Shannon Leto solenne, portandosi una mano sul cuore.
Tomo al suo fianco sbuffò scuotendo la testa. «Amico, ti prego! Già c’è quel video su internet dove fai parlare il tuo bicchiere. Evita di rompere ulteriormente con questa storia».
«Che c’è? Quel video piace a tantissime persone. Sono entrato nella storia».
«Sì, primo in classifica nelle cazzate di Shannon Leto».
L’uomo strinse le labbra e si sistemò meglio il cappello di lana rosso che indossava. «No, ce ne sono così tante che è difficile scegliere la prima». Si voltò verso l’amico. «Sei invidioso del fatto che io so far parlare il bicchiere di Stabucks e tu no?».
Tim, dietro di loro, ridacchiò e abbassò la testa portandosi una mano davanti alla bocca, per non farsi sentire eccessivamente.
Tomo diede una gomitata nelle costole a Shannon. «Ma ti pare? Sono tutti i commenti che a volte mi irritano: “com’è tenero…”. Ma cosa c’è di tenero nel fare il deficiente?».
Jared - il carissimo e adorabile fratellino di Shannon nonché frontman della band - gli passò a fianco sistemandosi la cresta pomegranate con le mani. Dio solo sapeva perché il fratello maggiore non lo avesse fermato quando si era tinto i capelli. Forse per Jared - considerato da molte riviste tra gli uomini più sexy del pianeta - non era facile l’idea di invecchiare e qualche capello bianco già lo aveva…
«Quello è fangirlismo all’ennesima potenza», disse saggiamente, lanciando loro un’occhiata penetrante con quei fari che aveva al posto degli occhi.
Il batterista si imbronciò, portandosi il bicchiere alle labbra. «In effetti, qualcuno ha detto che sembro scemo».
Jared si strinse nelle spalle e rise di gusto. «E hanno ragione!».
Shannon si avvicinò a lui e lo spinse via con una spallata, scatenando solo un nuovo scroscio di risate. «Ti ricordo che abbiamo gli stessi geni, bro».
«Ma io sono quello bello come il sole».
«E io sono quello che attira di più sessualmente. Dai, chi non vorrebbe toccare le mie braccia o vorrebbe essere al posto della mia Christine?».
«E chi non vorrebbe essere al posto della mia Artemis o della mia Pythagoras? Nessuno sbatte il bum bum come me, bro. Ricordatelo!».
Si guardarono per un istante infinito e finirono per scoppiare a ridere come due idioti. Era uno di quei classici momenti che si possono vivere solo tra fratelli o con chi sa tutto di te.
Dietro di loro, Tomo e Tim assistettero alla scena senza sorprendersi. Non erano rari momenti del genere o prese per il culo in quel gruppo.
Arrivarono al Tour Bus e Jared li precedette, aprendo la porta e salendo gli scalini in tutta fretta. Shannon lo seguì con meno entusiasmo e gli andò a sbattere contro dato che si era fermato all’improvviso. Appoggiò velocemente un piede sul gradino inferiore per non sbilanciarsi troppo, col rischio di cadere. Tomo e Tim lo imitarono prima di andargli contro e lo mandarono bellamente a quel paese per la frenata brusca.
«E tu chi cazzo sei?». Il tono di voce di Jared rasentava l’isteria. Il fratello si aggrappò al suo chiodo e si issò per riuscire a stare in equilibrio sul gradino.
Sbirciò oltre la sua spalla e rimase di stucco.
Seduta sul divanetto con le gambe accavallate e una rivista in grembo, c’era la ragazza che due sere prima lo aveva baciato. Alzò lo sguardo su di loro e i suoi occhi verdi brillarono.
Aveva un viso dolce e fin troppo magro, con una cascata di capelli biondissimi e mossi a incorniciarglielo.
Il suo sguardo vagò su Jared, poi su Tomo e Tim che a furia di spingere erano riusciti a salire. Infine si fermarono su Shannon e sorrise complice.
«Ciao ragazzi», disse lei con un breve gesto della mano.
Il silenzio durò giusto qualche secondo, il tempo di assimilare l’accaduto.
«Torno a ripetere: chi cazzo sei?». Fine come un elefante, Jared fece un passo in avanti, minaccioso, così Shannon gli appoggiò la mano sulla spalla. Il frontman si voltò infastidito e il fratello scosse la testa in segno di disapprovazione.
«Jared, che piacere conoscerti!». La ragazza lo indicò, sorridendo entusiasta. «Sai che adoro la tua voce? E’ veramente bella e potente. Ma sei anche un ottimo attore. Adoro i tuoi film, soprattutto quello lì con le pazze come me… dai, quello con Angelina Jolie. In effetti mi è piaciuta molto anche lei in quel film… E comunque sia, sappi che io non avrei mai rifiutato la proposta di scappare insieme a te in Canada. Piuttosto ti sarei saltata in braccio pur di farmi portare via da quel posto». Si fermò a riflettere, stringendo le labbra. Quando parlò di nuovo non aveva perso l’entusiasmo. «E anche quello dove tu fai il drogato! Dove ti amputano un braccio… Che brutto, spero non mi succeda mai…». Rabbrividì e si passò una mano sul braccio sinistro, grattandoselo.
Jared non fece in tempo a replicare – e dal suo viso sembrava che avesse molte cose da dire, per nulla carine – che la sconosciuta riprese.
«Tomislav!», esordì battendo le mani e guardando Tomo. «Anche tu mi piaci un sacco! Sei proprio un bravo chitarrista. Anch’io suono la chitarra, sai? Ma niente a che vedere con te, tu sei fantastico».
Tomo ridacchiò per la situazione incredibile che si era creata e ringraziò velocemente.
Lo sguardo verde della ragazza vagò di nuovo e si fermò su Tim.
«Timothy». Corrugò le sopracciglia, dispiaciuta. «Mi piaci molto e ancora non capisco perché tu non faccia parte della band al cento per cento».
Tim trattenne a stento le risate, mentre la sconosciuta lanciava un’occhiataccia a Leto junior e infine si fermava sul fratello maggiore. I suoi occhi brillarono e sorrise dolcemente.
«Shannon», disse lentamente e a bassa voce. «Io e te ci conosciamo già. Più o meno».
Shannon percepì la rabbia del fratello sfiorargli la pelle, tanto da fargli rizzare i peli e infatti Jared si voltò incazzato nero. Anche se lui era il fratello maggiore, era spaventoso vedere la rabbia del minore, dato che spesso rasentava l’isteria.
«Tu la conosci?», domandò il frontman, girandosi lentamente verso di lui. La vena sotto all’occhio sinistro pulsava minacciosa.
Shannon guardò i presenti uno alla volta e lasciò per ultima la ragazza che aveva indossato una finta faccia dispiaciuta. Sospirò e prese Jared per un braccio, portandolo lontano da orecchie indiscrete.
«E’ la ragazza di cui ti ho parlato ieri».
«Quale ragazza?».
«Dai, quella che mi ha baciato dopo il concerto».
Anche la vena dell’occhio destro prese a pulsare. «Mi stai dicendo che questa è quella che l’altro ieri ti ha aggredito e tu l’hai invitata qui?». Jared la indicò con un gesto infastidito. «Ti ha appena detto che è pazza e tu l’hai portata sul nostro bus?».
«Anche tu non hai tutte le rotelle al posto giusto». Jared si voltò minaccioso verso quella voce scampanellante e Shannon sbirciò oltre la sua spalla. La ragazza era seduta composta, con le gambe accavallate e stava sfogliando svogliatamente un’altra rivista.
«Chi mai potrebbe farsi i capelli rosa?». La ragazza alzò lo sguardo su Jared e vide qualcosa sul suo viso, perché sembrò preoccupata. «Non che non mi piacciano, stai molto bene».
Ci furono delle risatine generali e il batterista si grattò la barba, storcendo le labbra per evitare di ridere a sua volta. Jared non poteva essere abbandonato da tutti i suoi alleati.
Lo afferrò per un braccio con il quale indicava ancora la ragazza e lo voltò verso di sé.
«Non sapevo sarebbe venuta qui e di certo non l’ho invitata. Non so come abbia fatto a salire», si giustificò Shannon. «E non sapevo che fosse…». Si picchiettò un dito sulla tempia. «Ma ciò non significa che tu debba trattarla così. Cerca di essere gentile, non ha fatto niente di male».
Jared si stropicciò gli occhi. Erano quasi alti uguali – okay, Shannon era di qualche centimetro più basso ma non si notava molto – però la cresta pomegranate del cantante torreggiava su di lui.
«Niente di male? Shannon, è salita qui sopra indisturbata e questo ti sembra “niente di male?”».
La biondina li raggiunse. Si mise al fianco di Shannon e probabilmente fu la scelta migliore vista l’occhiata di odio che le riservò Jared. Nei suoi occhi però si notava anche una certa attrazione fisica.
Chi non sapeva che Jared Leto adorava le bionde? Eppure quella bionda in particolare la odiava.
«Mi dispiace di aver portato tanto scompiglio e hai ragione, non sarei dovuta salire così di soppiatto sul vostro bus». Il viso della ragazza era fin troppo dolce, ti faceva quasi venire voglia di mangiarle le guance. «E’ vero che sono un po’ pazzerella, ma non sono un’assassina. Non ho intenzione di farvi del male e non ho rubato niente». Alzò le braccia, pronta alla perquisizione. «Volevo solo… conoscervi».
Calò il silenzio. La ragazza continuava ad aspettare una possibile perquisizione che però non arrivò. Tomo e Tim si misero comodi guardando il teatrino messo su dai tre. Jared continuò a guardarli malamente finché Shannon non si stancò.
Afferrò il polso della giovane e si voltò verso l’uscita del bus, trascinandola con sé.
«Ci vediamo dopo, vedi di fartela passare», disse al fratello, scrutandolo. «Noi andiamo a farci un giro».
La ragazza sembrava decisamente contenta. Lo seguiva a passo veloce.
«Dove andiamo?», domandò posizionandosi al suo fianco.
Shannon si voltò e rimase senza fiato. La rbiondina aveva scatenato il putiferio fino al secondo prima e ora sorrideva felicissima. In due sere aveva rischiato la morte in tutti i modi, eppure sorrideva.
«Non lo so, ma io e te dobbiamo chiarire alcune cose».
Appena appoggiò i piedi sull’asfalto, Shannon le lasciò andare il polso. Con un breve cenno della testa le indicò la direzione che avrebbero preso.
Lei lo affiancò improvvisamente remissiva. Teneva le labbra serrate e le sopracciglia corrucciate e aspettava che dicesse qualcosa.
All’improvviso l’uomo si accorse di non sapere il suo nome. «Ehi, come ti chiami?».
Lei si fermò e gli porse la mano con un sorriso. «Era ora che lo chiedessi. Mi chiamo Remy».
Lui sollevò un sopracciglio, stringendole la mano. «Io sono Shannon».
«Lo so», disse Remy in una breve risata.
Ridacchiò anche lui della sua gioia. Continuarono ad affiancarsi senza che il silenzio diventasse un ostacolo tra loro.
Semplicemente aspettavano l’uno la mossa dell’altra e viceversa. Con una rapida sbirciatina verso Remy, Shannon si accorse che era lui quello che aveva delle domande.
«Si può sapere che ci fai qui?».
Mentre lei pensava alla risposta, lui l’analizzò nel dettaglio. Era molto carina, con dei bei capelli biondi e mossi che le arrivano a metà schiena, un viso eccessivamente magro e le labbra rosa e piene, con un nasino piccolo e all’insù che ti ispirava tenerezza immediata. La sua pelle era chiara nonostante il sole che c’era da quelle parti. I suoi occhi verdi lo osservavano senza troppa curiosità, perché la differenza tra i due era che lei già lo conosceva mentre per lui era solo la seconda volta che la vedeva.
Nell’insieme aveva un’aria molto fragile ma allo stesso tempo angelica.
Remy si strinse nelle spalle. «Quando ho detto che avrei seguito il tour non stavo scherzando».
Shannon si limitò ad annuire appena e cercò il pacchetto di sigarette nella tasca dei jeans. Prima di riuscire a trovarle, la ragazza gli allungò il suo pacchetto sotto al naso. Le rubò una sigaretta e ringraziò.
Imitato da lei, si portarono entrambi la sigaretta alla bocca e dopo aver acceso la sua, Remy gli passò l’accendino.
L’uomo accese la sigaretta e aspirò, gioendo del fumo che intossicava i suoi polmoni.
«Non è facile seguirci per tutto il tour; sei proprio convinta di volerlo fare?».
Remy sorrise, si passò una mano tra i capelli e aspirò dalla sigaretta. Alzò il viso verso l’alto, lasciando che il fumo uscisse dalle sue labbra. «Certo che ne sono sicura. Sono scappata dall’ospedale psichiatrico apposta».
«Quindi quando prima hai detto di essere pazza non stavi scherzando». Sembrò preoccupato e la guardava come se si aspettasse una crisi improvvisa.
«Dovrei scherzare su una cosa del genere?». Corrugò le sopracciglia.
Shannon si strinse nelle spalle e diede un altro tiro alla sigaretta. «Mah, non so. Sinceramente hai passato tutto il tempo a prendere per il culo mio fratello, per poi cercare di ingraziartelo».
Remy scoppiò in una risata breve e secca, fino a strozzarsi con il fumo. Si piegò sulle ginocchia e portò il busto in avanti tentando di respirare. Shannon provò a darle qualche consiglio, ma non appena apriva bocca lei alzava l’indice intimandogli il silenzio.
Aspettò che quella piccola crisi finisse e infine alzò il viso verso di lui, gli occhi lucidi di lacrime.
«Si è notato tanto?», domandò senza fingere preoccupazione.
Shannon le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. La pelle liscia e bianca della ragazza contrastava con quella dell’uomo leggermente scura, callosa e piena di ferite a causa delle bacchette e dei piatti della batteria.
«Nooo, non ti preoccupare! Sicuramente mio fratello ci è cascato in pieno!». Alzò gli occhi al cielo, lasciando andare la sua mano appena fu in piedi.
«Alcune cose che ho detto le pensavo davvero», rispose con aria di sufficienza.
«Immagino, solo che mio fratello non è sempre buono e gentile e gli hai fatto perdere la pazienza. Ciò che odia di più sono le fangirls».
Remy si bloccò di colpo, la mascella contratta e le mani serrate, con la sigaretta che chiedeva pietà mentre si piegava su sé stessa. Lui si voltò completamente verso di lei a qualche passo di distanza.
«Che c’è?», domandò preoccupato dal repentino cambio di umore.
Remy puntò gli occhi chiari in quelli cangianti dell’uomo. Tutto ciò che scorgeva Shannon era una scintilla di indignazione. «Non sono una fangirl!». Si batté una mano sul petto. «Se lo fossi non vi seguirei nel tour che state facendo, ma starei sdraiata sul letto a sbavare guardando delle vostre foto».
«Ehi, non ti arrabbiare…», tentò di dire cercando di calmarla.
Ma lei non si calmò affatto. «E invece sì che mi arrabbio! Io voglio solo poter ascoltare le vostre canzoni dal vivo, voglio poter vivere le emozioni di ogni singola canzone sulla pelle. Voi mi avete rubato il cuore».
Si fermarono per l’ennesima volta. Non c’era nessuno sulla strada, soltanto loro due che si limitavano a fissarsi.
Shannon aspettò che la tensione le lasciasse le spalle contratte e che le fiamme le si spegnessero negli occhi.
L’uomo aspirò l’ultimo tiro dalla sigaretta e la buttò a terra, schiacciandola con la punta della scarpa.
Fece un passo verso Remy che fu costretta ad alzare il viso quando gli fu praticamente davanti. E dire che non era altissimo!
Anche lei lasciò cadere la sigaretta consumata e quasi spezzata e la schiacciò sotto al tallone destro.
Si fronteggiarono per qualche secondo, aspettando che uno dei due cedesse.
Quando l’uomo si rese conto che lei non l’avrebbe mai fatto, decise di parlare. «E’ stato molto bello ciò che hai detto e ti ringrazio», disse sinceramente, unendo le mani come in preghiera e piegando la testa. «L’ho capito subito che non eri una fangirl, ma puoi ben immaginare perché mio fratello abbia frainteso. Prima mi baci e poi ti fai trovare sul nostro bus come se niente fosse».
Remy scrollò le spalle e si portò una mano nei capelli, riavviandoli. «Credo di non essermi comportata in modo adeguato».
Shannon scoppiò a ridere e indietreggiò. «No, direi proprio di no!».
La sua euforia fu interrotta dalla suoneria dell’iPhone, che prese allegramente a suonare The Fantasy.
Remy si coprì la bocca, senza però impedirgli di vedere le fossette intorno al suo sorriso.
Il batterista lo tirò fuori dalla tasca e quando vide il nome sul display, sospirò e se lo portò all’orecchio.
«Cosa c’è, Tomo?», domandò fissando il terreno.
«Tuo fratello sta avendo una crisi isterica. O vieni tu qui a calmarlo o prendo un fucile con un sonnifero e glielo sparo nel sedere». Il croato sembrava esasperato.
Shannon rise di gusto. «Okay, va bene. Arrivo! Però l’idea del sonnifero nel sedere mi piace. Incomincia con quello!».
Tomo rise. «Va bene, ma datti una mossa».
Chiusero la chiamata e Shannon si ritrovò a fissare gli occhi curiosi di Remy.
Le sorrise e si strinse nelle spalle. «Devo andare. La tua apparizione improvvisa ha lasciato Jared in uno stato di isterismo acuto».
Lei strinse le labbra, alzando gli occhi al cielo. La sua espressione da martire la diceva lunga su quanto poco fosse pentita.
«Immagino che toccherà a te arginare la sua rabbia».
«E chi sennò? Tecnicamente è colpa mia, almeno per quello che pensa lui».
Remy lo guardò e sorrise. «Dovrei dire che mi dispiace… ma non lo farò».
Shannon si finse arrabbiato, scrutandola con occhi socchiusi. «Ah beh, molto gentile!». Infine le sorrise, abbassandosi all’altezza del suo viso. «Perciò ci vediamo ai concerti, giusto?».
Remy non indietreggiò. Strinse le mani tra loro per evitare che queste andassero al viso di Shannon. Era così vicino… poteva sentire il suo profumo, ogni senso era all’erta.
«Credo proprio di sì».
Shannon annuì e le posò una mano sui capelli, scompigliandoli un po’.
«Allora ci vediamo, ragazzina!».
Prese a camminare dalla parte opposta a quella precedente, per fare a ritroso la strada verso il bus.
Remy lo salutò agitando la mano, sorridendo. Sentiva ancora il formicolio e le farfalle nello stomaco per il semplice tocco dell’uomo.
«Ci vediamo, animale».
Riprese a camminare alla ricerca di qualcosa che l’aiutasse ad impegnare il tempo fino a quella sera, quando ci sarebbe stato un nuovo concerto dei Thirty Seconds To Mars.

 
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railen.
CAT_IMG Posted on 1/10/2010, 14:24




Titolo: look in my eyes, you're killing me.
Genere: Generale, Sentimentale, Drammatico.
Autrice: railen.
Rating: Giallo.
Capitolo: third chapter ~ Cosa vuoi di più dalla vita?
Personaggi: Shannon Leto // Remy (Personaggio inventato)
Note dell’autrice: Sono sicura che questo capitolo vi traumatizzerà *w* *EVVIVA* xDDD
Scoprire che la dolce Remy è così sbagliata... aaah. Ebbene sì.
Va beh, ma mica sarò io a dirvi qualcosa. Leggete e lo scoprirete voi stesse!
Mi sa che sto capitolo è un pò lunghino. Mi sono fatta prendere ù.ù *fischietta*
PS= Il titolo è total Remy. Se non lo spiego non ha un senso logico, temo. Dovete soffermarvi sulla parola VUOI. Qui Remy è in preda a due tipi di voglie, ecco.
Non siate maliziose, leggete e capirete! (si spera) XDD


LOOK IN MY EYES
you're killing me


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Shannon si affrettò verso la reception. Erano appena arrivati a New York.
La sera prima avevano tenuto uno show a Boston e quella sera era il momento della Grande Mela.
Amava quella città. Era grande, caotica ma spettacolare. Si sentiva a suo agio, perfetto, mentre camminava tra le sue strade.
Tomo lo affiancò e gli sorrise. Jared era già sparito e aveva lasciato l’arduo compito del check-in a Emma, mentre lui andava a controllare la location del loro show.
Lui e Tomo avrebbero sbrigato rapidamente le cose in albergo e poi lo avrebbero raggiunto per il soundcheck.
«Per fortuna domani possiamo riposare!», esordì Tomo con un sospiro.
Avevano da poco finito il tour europeo ed era appena iniziato quello americano.
Shannon annuì alle parole dell’amico. «Domani ci aspetta un bel giro rigenerante per New York».
Poi sarebbero ripartiti alla volta di Washington DC per un altro show.
Il receptionist diede loro le chiavi delle suite prenotate.
«Spero per te che non sia la stanza 6277».
L’uomo si voltò di scatto, abbassando la testa.
Incontrò gli occhi verdi della ragazza. La ragazza del bacio. La ragazza del bus.
Remy, l’angelo biondo.
Osservò il sorriso allegro e beffardo della ragazza, notando anche le profonde occhiaie che aveva sotto agli occhi. Le davano quasi un’aria malata, però era sempre molto carina.
Socchiuse gli occhi sospettoso e si voltò completamente verso di lei, dando le spalle a Tomo.
«E tu che ci fai qui?», domandò senza nascondere lo scetticismo.
La ragazza si strinse nelle spalle. «Prendo una stanza, no?».
«E con tutti gli alberghi che ci sono a New York, proprio questo?».
«Mi piace trattarmi bene». Fece un secondo di pausa, osservando il bancone di legno come se fosse improvvisamente interessante. «Sai, io non ho un comodo tour bus con brande e molto spazio per girovagare. Ho una specie di macchina e la mia schiena chiede un letto comodo dopo aver dormito per notti intere su un sedile».
Lui guardò Tomo che tratteneva a stento le risate. Gli era piaciuta subito, la prima volta che l’aveva vista. Lo avevano colpito il modo in cui si era rivolta a tutti loro e come aveva saputo tenere testa a Jared.
E come stava attualmente tenendo testa a Shannon.
Il batterista fece un sospiro esasperato. «Ci vediamo dopo, okay? Tra mezz’ora qui nella hall».
Il chitarrista annuì. «Okay, non c’è problema». Guardò la ragazza che lo stava fissando con i grandi occhioni spalancati. «E’ stato un piacere rivederti… ehm…».
Lei gli venne incontro, porgendogli la mano. «Remy».
Tomo sorrise e gliela strinse. « E’ stato un piacere, Remy».
«Lo è stato anche per me, Tomo». Sul suo viso fanciullesco si dipinse un sorriso.
Il croato si voltò e se ne andò soddisfatto. Lui è l’amico avevano molto da chiarire, ma c’era sempre tempo.
Remy lo guardò andare via e poi tornò a Shannon. La stava fissando con le braccia incrociate sopra al bancone.
«Che c’è?», chiese portandosi una ciocca dorata dietro l’orecchio.
«Sai che potrei denunciarti per Stalking?», disse seriamente lui.
La ragazza strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere. L’uomo non ci trovava niente di divertente in quello che aveva appena detto.
«No che non puoi!», replicò lei. «E’ più di una settimana che non ci incontriamo. Mi limito a venire ai vostri concerti e nient’altro. Il fatto che ci ritroviamo nello stesso albergo è un caso».
Prese la chiave che le porgeva il receptionist e si avviò verso l’ascensore.
Shannon la seguì ma solo perché era costretto a doverlo fare. Di certo non avrebbe fatto più di trenta piani a piedi.
Rimasero in silenzio, attendendo che l’ascensore arrivasse al piano terra.
Quando le porte si spalancarono, salirono insieme. Erano da soli.
Remy fissava i numeri dei piani che si illuminavano e prese a canticchiare The Kill dei Thirty Seconds To Mars.
Shannon si trattenne dal ridere, lanciandole qualche occhiata curiosa di tanto in tanto.
Al ventiseiesimo piano l’ascensore si fermò e Remy varcò le porte che si erano appena aperte.
«Allora stasera verrai allo show?». Shannon parlò quasi con indifferenza, fingendosi poco interessato, come se quella fosse una domanda di rito.
Lei si fermò e si voltò, con la valigia trolley stretta in mano che grazie alle rotelline di cui era provvista, ruotò insieme a lei.
«Certamente!». Il suo viso si illuminò di gioia.
Se ne andò e Shannon rimase a sorridere al corridoio vuoto, mentre le porte automatiche si richiudevano.
Prima che potessero farlo del tutto, una mano esile le bloccò ed essendo dotate di fotocellula, si riaprirono automaticamente.
Remy fece capolino all’improvviso, interrompendo ogni tipo di pensiero che lui stava facendo, cogliendolo di sorpresa.
«Ah, Shannon! Vedi di fare un concerto stupendo o pretenderò il rimborso del biglietto! Verrò personalmente a riscuotere, sia chiaro».
La sua espressione non lasciava spazio a nessun dubbio. In realtà non aveva nessun bisogno di fare quel tipo di raccomandazioni al batterista, perché dava sempre l’anima sul palco, così come ogni singolo membro della band.
Shannon rimase decisamente sorpreso. Scoppiò a ridere, annuendo.
«Non c’è pericolo!».
Soddisfatta della risposta, Remy lasciò andare la porta che riprese a chiudersi.
Lui rimase a fissarla mentre agitava la mano che teneva stretta la chiave della sua stanza, in segno di saluto. Infine scomparve dietro le porte automatiche.
Shannon ridacchiò per tutta l’ascesa fino al trentasettesimo piano, dove si trovava la sua suite.
Quella ragazza era piena di sorprese.


Remy rabbrividì quando l’aria fresca le sferzò il viso. Non faceva eccessivamente freddo, ma lei aveva l’era glaciale dentro, o qualcosa del genere.
Era parecchio freddolosa ma ciò era dovuto alle sue pessime condizioni fisiche.
Inspirò per l’ultima volta dalla sigaretta, trattenendo il fumo e lasciando che fluisse ai polmoni. Infine quello che era rimasto in eccesso lo fece uscire dal naso.
Schiacciò la sigaretta nel portacenere e rientrò nella camera d’albergo, chiudendo dietro di sé la porta finestra che dava sul balconcino.
Aveva atteso fin troppo a lungo, era giunto il momento.
Ormai erano passate più di due ore dalla fine del concerto. Ovviamente era stato fantastico, nulla da dire sull’esibizione. Non era rimasta ad aspettare la band, probabilmente Jared si sarebbe incazzato con Shannon se l’avesse vista, quindi aveva lasciato perdere.
Era tornata in albergo e si era fatta una doccia per togliersi il sudore di dosso. Poi aveva fatto avanti e indietro dalla stanza al balcone, continuando a fumare.
I capelli si erano asciugati da soli e li aveva legati in una coda alta.
Aveva aspettato, atteso… Le piaceva tirare per le lunghe, sfidando sé stessa. Poteva resistere ancora, volendo poteva smettere…
Ma il punto era che non voleva.
Osservò la stanza d’albergo. Aveva colori chiari e le uniche luci accese erano quelle delle lampade, che davano un’aria romantica e soffusa al posto. C’erano un grosso divano bianco e un televisore al plasma, un bel tappeto lavorato, un tavolo lungo con sei sedie… a chi servissero tutte quelle sedie non si sapeva.
Adiacenti si trovavano la camera, con un letto enorme e anche lì un grande televisore al plasma e una piccola scrivania. La vetrata era grande e dava uno spettacolare panorama su New York.
Individuò vicino al divano lo zaino che aveva portato al concerto e andò a prenderlo. Aprì la tasca inferiore e afferrò ciò che le serviva, un piccolo astuccio giallo.
Decisamente innocuo, se visto dall’esterno.
Entrò in bagno, aveva bisogno di luce. Era grande e bianco, con una bella vasca idromassaggio e una doccia.
Magari prima di lasciare l’albergo avrebbe utilizzato la vasca, giusto per rilassarsi.
Aprì la cerniera dell’astuccio e lo rovesciò, lasciando che tutto il contenuto cadesse sul ripiano del lavandino.
La siringa brillava minacciosa, soprattutto l’ago. La carta stagnola che conteneva l’eroina emanava bagliori inquietanti. Il cucchiaino su cui scaldava la roba era annerito dal fuoco. Il laccio emostatico era pronto all’uso. Il limone era quasi finito ma al momento se lo sarebbe fatto bastare.
Dopo il concerto era andata alla ricerca di uno spacciatore. Non era difficile trovarne vicino al luogo di un concerto e di solito tra compratore e venditore ci si riconosceva immediatamente. Non poteva permettersi di importare la roba in giro per il paese con il rischio di finire in manette, perciò comprava direttamente sul posto.
Accese anche la luce dello specchio e si legò il braccio, aiutandosi a stringere il nodo con i denti.
Le sue vene erano quasi invisibili e le era difficile riuscire a far rifluire un po’ di sangue nella siringa al primo colpo. Se le andava bene poteva infilzarsi il braccio solo tre volte, ma quando non riusciva a farlo diventata quasi isterica.
Solo quando faceva centro e l’eroina entrava in circolo riusciva a rilassarsi.
Avrebbe potuto continuare a bucarsi nello stesso posto ma era poco consigliato. Non solo c’era il rischio di trombosi, ma dopo aver visto il film Requiem For A Dream con Jared Leto, aveva una fottuta paura di fare quella fine.
Perciò preferiva infilzarsi una decina di volte piuttosto che farsi amputare il braccio.
Respirò lentamente e chiuse gli occhi, ripetendosi il proprio mantra pre puntura.
Stai calma, andrà tutto bene. Se non ci riesci una volta, ci riuscirai una seconda, si disse mentalmente. O comunque sia ci riuscirai. Devi solo stare calma e attendere.
Aprì la carta stagnola, osservando la polverina bianca.
E proprio in quel momento bussarono alla porta.
In preda al panico richiuse il pacchettino di stagnola e si slegò il braccio, mettendo tutto all’interno dell’astuccio. Era paranoica, o meglio, tutti i drogati lo erano. Poteva benissimo essere una retata, o qualcuno aveva scoperto cosa faceva e aveva chiamato la polizia.
Le serviva un posto dove nascondere l’eroina, un posto dove nessuno avrebbe cercato. Escluse immediatamente il proprio zaino e la valigia, sarebbero stati i primi posti.
All’improvviso le venne in mente il posto ideale.
Si fiondò di nuovo sul balconcino e scavò nella terra dell’unica pianta messa ad allietare quel posto. L’astuccio non era molto grande, perciò lo infilò nel buco e rimise la terra al suo posto, come se non fosse stata toccata.
Bussarono di nuovo.
«Arrivo!», urlò in direzione della porta, tornando in bagno per lavarsi le mani sporche. Osservò la propria figura allo specchio. Per fortuna non era ancora dipendente fisicamente dall’eroina, perciò non aveva crisi di astinenza.
Aveva solo una grandissima voglia di bucarsi quel fottutissimo braccio.
Si lavò anche la faccia arrossata e andò ad aprire. Fece un respiro profondo e abbassò la maniglia, aprendo la porta.
Shannon era davanti a lei, con il braccio alzato a mezz’aria, il pugno chiuso, pronto a bussare ancora.
«Ehi», disse con un sorriso, abbassando la mano.
Remy lo fissò a lungo, scrutandolo da capo a piedi. Si era cambiato e probabilmente si era fatto una doccia, perché aveva ancora i capelli leggermente umidi. Indossava un paio di jeans strappati e una delle sue adorate canottiere larghe, dove avrebbero potuto infilarsi tutti gli Echelon del mondo e stare lì comodamente.
In confronto a lui, lei era sciatta con i pantaloni della tuta e una maglietta bianca bucherellata sul fondo.
«Che ci fai qui?», domandò la ragazza, tenendo una mano sulla porta.
«Ho anticipato ogni tua possibile mossa». Si strinse nelle spalle. «Mi fai entrare o devo rimanere qui ancora per molto?».
Quella domanda poteva sembrare arrogante se non fosse stata posta con un tono simpatico e quel sorriso mozzafiato. Remy si fece da parte e lasciò che Shannon varcasse la soglia.
«Permesso…». Lui scivolò all’interno, guardandosi in giro.
La ragazza si richiuse la porta alle spalle e lo seguì. «Accomodati pure. Vuoi qualcosa da bere?».
Il batterista si guardava in giro estasiato, come se non avesse mai visto una stanza d’albergo. Stava in mezzo al tappeto e girava su sé stesso.
«Wow! Cavolo, è quasi più bella della mia suite!», disse, per poi voltarsi verso di lei. «Dell’acqua naturale andrà benissimo, grazie».
Lo lasciò lì in mezzo al tappeto e andò al frigo bar che aveva in camera. Guardò dentro e prese una bottiglietta d’acqua naturale. Quando tornò in salotto, Shannon si era già svaccato sul divano e aveva acceso la tv.
Ridacchiò e lo raggiunse, buttandosi al suo fianco.
«No, ma tranquillo eh! Fai pure come se fossi a casa tua». Gli lanciò la bottiglietta che lo colpì nello stomaco.
Shannon si piegò, tossendo esageratamente.
Svitò il tappo della bottiglietta, accostandola alle labbra. «Sapevo che saresti stata così gentile da dirmelo», e bevve un sorso d’acqua.
Remy sospirò e incrociò le gambe sopra al divano, appoggiando le mani sulle ginocchia.
La sua concentrazione si focalizzò sul pomo d’Adamo che andava su e giù mentre l’acqua scendeva lungo la sua gola.
«Seriamente, cosa ci fai qui?».
«Ti è piaciuto lo show?».
Remy sbatté le ciglia, sorpresa. Forse avrebbe dovuto mentire giusto per rendergli la vita difficile, ma decise di dire la verità. «E’ stato stupendo, come sempre».
Shannon ridacchiò, spostando gli occhi sulla TV che mandava un video musicale di Lady Gaga.
«Ti ho vista, in prima fila. Eri davanti a me». Gli scoccò un’occhiata maliziosa. «Eri in adorazione».
La ragazza arrossì, evitando il suo sguardo. «Ti sei divertito immagino».
Sto stronzo. Era andato lì per prenderla in giro e metterla in imbarazzo? Bene, ci era riuscito!
Shannon rise. «Dai, stavo scherzando». Le tirò la coda. «Stai bene con i capelli legati. Ti fanno più alta».
Remy lo guardo, sorridendo cattiva. «Dovresti fartela anche tu».
«DOH!». L’uomo si colpì lo stomaco con la bottiglietta, fingendo di accoltellarsi, scatenando nella ragazza una risata senza fine. «Colpito e affondato». Si accasciò sul divano, con la lingua penzoloni.
Remy scosse la testa e gli rubò la bottiglietta, infilzandolo ancora.
Risero, sfottendosi senza sosta. La scarsa altezza di entrambi era ciò che più veniva presa di mira. Shannon decise di tacere quando Remy gli fece notare che lei era una donna e che essere basse andava bene. Lui era uomo ed era nano. Quello non era naturale.
Shannon mise un leggero broncio.
«Eddai, non fare così». La ragazza lo tirò per la canotta, sfarfallando le ciglia.
L’uomo la fissò. Aveva un aspetto ingenuo, carino… era bellina e aveva un viso veramente giovane.
Socchiuse gli occhi, sospettoso. Si umettò le labbra. «Posso farti una domanda? So che queste cose di solito non si chiedono alle donne, ma…».
Lei si preoccupò. Che cosa voleva chiederle di tanto strano?
Annuì indecisa. «Tu chiedi, poi non è detto che ti risponda».
Shannon alzò gli occhi al cielo. «Ah beh, tante grazie». Tornò a lei. «Quanti anni hai?».
La ragazza trattenne un sospiro di sollievo. «Ventitré, perché?».
Shannon la guardò. Le prese il mento tra le dita e Remy sentì una corrente elettrica passarle nel corpo, ma lasciò che Shannon la guardasse spostando il suo viso da un profilo all’altro.
«Credevo fossi più giovane. Se dovessi provarci con te almeno non rischio la galera».
Per poco lei non cadde dal divano. Ma di che diamine parlava? Quel tipo di cose non dovevano essere dette con tale leggerezza.
Sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Ah beh, sono molto felice per te».
Shannon scosse la testa e rise, alzandosi dal divano. Le porse la mano e lei lo guardò confusa. Lui indicò il balconcino.
«Ho voglia di fumare, mi fai compagnia?».
Gli afferrò la mano e si alzò in piedi, lasciandogliela andare subito dopo. Fece strada verso la porta finestra, l’aprì ed uscì sul balcone.
Guardò verso la pianta dove aveva nascosto l’astuccio, per controllare che tutto fosse in ordine. Nessuno avrebbe notato il terriccio era stato mosso.
E comunque sia, Shannon non era un poliziotto o qualcosa di simile. Probabilmente non aveva neanche idea di star parlando con un’eroinomane.
L’uomo era dietro di lei. Si spostò, appoggiandosi alla ringhiera. Si portò la sigaretta alle labbra e l’accese, aspirando. Poco dopo lasciò uscire una spessa nuvola di fumo dalle labbra.
Remy si incantò a guardare la forma a cuore del labbro superiore. Era come se fosse ipnotizzata, almeno finché Shannon non le sventolò un’altra sigaretta davanti al viso.
«Quella che mi hai offerto qualche giorno fa».
La ragazza annuì e la prese, infilandosela in bocca. Ora che la sua dose era momentaneamente rimandata, il suo corpo sentiva il bisogno di nicotina. Con qualcosa doveva pur intossicarsi.
Shannon si protese verso di lei e le accese la sigaretta. Remy lo imitò, appoggiando le braccia sulla ringhiera e guardando il panorama di New York.
Il silenzio venne interrotto subito dopo da lui.
«Posso chiederti qualcosa su chi sei e cosa fai o è proibito?».
«La risposta è sempre quella di prima: puoi ma non avrai sempre una risposta, probabilmente».
Lui sbuffò, gettando fuori un’altra nuvola di fumo. Di certo quella risposta non lo faceva desistere.
«Non so, volevo sapere qualcosa in generale: da dove vieni, se hai fratelli e sorelle, perché hai deciso di seguirci in tour…».
Remy sorrise. Doveva solo evitare di parlare troppo.
«Vengo da St. Louis, in Missouri. Tutto ciò che rimane della mia famiglia è mia madre, mio padre e mio fratello maggiore sono morti».
Shannon si pentì subito di aver posto quella domanda. «Mi dispiace molto».
Lei scrollò le spalle. Non poteva dirgli che a differenza sua non era affatto dispiaciuta. E ne aveva tutti i motivi. E che in realtà suo padre e suo fratello erano vivi e vegeti, purtroppo.
Erano morti per lei. Li aveva letteralmente cancellati dalla sua vita e avrebbe fatto volentieri lo stesso con sua madre.
«E’ tutto apposto, non preoccuparti».
L’uomo non era dello stesso parere, ma scrollò le spalle. Rimase a fissarla, mentre lo sguardo di lei si perdeva nel buio della notte.
«E perché ci segui?».
Remy tornò a prestare attenzione a Shannon. Lo guardò inizialmente titubante, ma poi nei suoi occhi trasparì la dolcezza.
«Beh… Ti sembrerà strano, ma voi mi avete dato la speranza. Mi avete fatto credere in qualcosa e ancor meglio, in qualcuno».
Amava la loro musica, amava loro. Amava quei tre pazzi e conoscerli meglio attraverso le interviste le aveva fatto desiderare di poterli incontrare di persona.
«E poi ho una piccola missione», continuò fumando.
Shannon ascoltava con attenzione. «Che missione?».
«Ah no, non te lo dico!».
«E dai, su! Che ti costa?». Le diede una spintarella.
Remy scosse la testa e incrociò le braccia, sfregandosele. Quel maledetto freddo che le entrava dentro fino alle ossa. Prima o poi l’avrebbe uccisa.
«Non posso. Hai presente i desideri? Li esprimi e non devi dirli a nessuno perché sennò non si avverano». Lo guardò con un sorrisino. «Ecco, diciamo che ho adottato la stessa tecnica».
Si sfregò di nuovo le braccia, cercando di nascondere il viso al vento.
L’uomo era sospreso. Non aveva parole per una dichiarazione d’amore di quel tipo.
Cosa dava così tanta speranza e fiducia a quella ragazza verso i componenti della band? L’unica cosa che avrebbe potuto dire era un misero “grazie” ma non gli sembrava adeguato.
«Hai freddo?», le chiese invece, mentre la guardava sfregarsi le braccia e rintanarsi su sé stessa.
«Un po’», ammise lei, annuendo.
«Scherzi vero?». Indicò la propria canotta e poi la sua magliettina a maniche lunghe. «Si sta bene».
Remy gli lanciò un’occhiataccia. «Tu sei tutto muscoli, ti proteggono. Io non ho niente».
Non aveva muscoli, non aveva ciccia. Non aveva niente. Pesava così poco che si domandava perché non volasse via. L’eroina aveva rovinato completamente il suo fisico.
Le uniche curve che aveva erano quelle del seno, che era anche poco.
Shannon le posò una mano sulla spalla e la strinse a sé, spegnendo poi la sigaretta. Remy si ritrovò ad affondare il viso nel suo petto e fece fatica perfino ad alzare lo sguardo.
«Se è un tentativo di provarci, sappi che questi quarant’anni non ti hanno insegnato niente», sussurrò lei, perdendosi nel suo profumo squisito. Teneva le mani strette al proprio corpo, conficcando le dita nelle costole per evitare di abbracciarlo.
L’uomo le sfregò il braccio su cui aveva appoggiato la mano.
«Non sono mai stato un ragazzino timido che fingeva di sbadigliare per abbracciare la ragazza che aveva accanto», mormorò guardandola divertito. «Stavo tentando di scaldarti».
Allora Remy si lasciò andare. Gli circondò la vita con le braccia e le mani gli strinsero la canotta. Chiuse un momento gli occhi, sfregando il viso sul suo petto.
«Allora stai facendo un ottimo lavoro».
Shannon ridacchiò e per un po’ rimasero in silenzio, in quell’abbraccio. Guardavano New York davanti a loro.
Passarono due minuti buoni prima che lui parlasse.
«Credo sia ora di andare. Sarai sicuramente stanca e lo sono anch’io».
Remy sciolse l’abbraccio e Shannon scostò la propria mano dalla sua spalla.
«Oh, certo». Lei non era stanca, aveva ancora da fare in realtà. E ora che Shannon stava per andarsene, la voglia di sentire la droga circolare nel suo corpo tornò prepotente. «E’ meglio che tu vada, almeno domani puoi riposare un po’ visto che non avete concerti».
Rientrò con un sospiro di sollievo. Si era trovata bene nell’abbraccio di Shannon che l’aveva veramente scaldata. A differenza sua, lui era molto caldo.
«A proposito di domani…», iniziò l’uomo, seguendola all’interno della stanza e chiudendo la porta finestra. «Stavo pensando di andare a farmi un giro per New York. Ti va di venire con me?».
Lei si voltò, un sopracciglio inarcato. Infilò le mani in tasca, inclinando la testa di lato.
«Dici sul serio?».
«No, per finta». Shannon sospirò. «Mi farebbe piacere».
Lei non credeva alle sue orecchie. «Uhm. Okay. E dove andiamo? Non sono mai stata a New York».
Shannon strabuzzò gli occhi, alzando le mani a indicare il panorama lì fuori.
«Mai?». La ragazza scosse la testa e lui parve ancora più incredulo. Sorrise appena, scrollando le spalle. «Vedrai, ti piacerà. E’ una città magnifica, ti fa sentire importante. Non c’è un posto che ti piacerebbe visitare?».
La ragazza si strinse nelle spalle e roteò gli occhi nella stanza, pensierosa. «Central Park?».
Shannon fu d’accordo. «Affare fatto».
Si diresse verso la porta seguito da lei. L’aprì e si fermò sulla soglia.
Si voltò a guardarla, pensieroso.
Lei era a disagio sotto quello sguardo magnetico. «Cosa c’è?».
Shannon si protese verso di lei, malizioso. «Ho dimenticato di darti una cosa…».
Le alzò il viso con l’indice e posò le labbra sulle sue. Remy quasi non reagì. Le mani erano ancora in tasca ed era troppo sorpresa per portarle al viso di lui. Tutto ciò che faceva era seguire il movimento delle labbra dell’uomo.
Infine lui si allontanò, guardandola incuriosito.
«A cosa devo questo bacio?», chiese lei con un filo di voce. Le farfalle volavano nel suo stomaco e il cuore le era letteralmente impazzito.
Shannon assunse un’espressione angelica. «Mi stavo riprendendo il bacio che mi hai rubato qualche giorno fa».
Remy ridacchiò e finalmente tolse le mani dalle tasche, andando a prendere la sua che ancora le teneva su il mento.
«Mi sembra giusto».
«E non è finita qui».
L’uomo la baciò di nuova, questa volta aggiungendo la lingua. Le leccò il labbro inferiore, assaggiando quel sapore dolce.
Remy trovava che le labbra dell’uomo fossero soffici e leggermente umide, perfette. Dischiuse le labbra, lasciando che la lingua entrasse nella sua bocca.
Le loro lingue vorticavano e Shannon andò ad accarezzarle la nuca. Le mani della ragazza trovarono il suo viso e lo tennero stretto, come se non volesse interrompere quel bacio.
Infatti fu Shannon ad allontanarsi per primo. Nei suoi occhi si era accesa una scintilla di eccitazione.
Si scostò un po’, ma Remy non abbandonò la presa sul suo volto.
«E questo invece cosa significa?». La ragazza aveva le guance arrossate. Chissà se l’uomo poteva sentire il cuore batterle furioso nel petto.
Shannon sorrise, mostrandole una fila di denti bianchi. Le accarezzò lo zigomo, scendendo poi sul collo.
«Era il bacio della buonanotte».
La ragazza rise, scuotendo la testa. «Non sapevo che ci andasse anche la lingua».
Lui fece una smorfia. «E’ un nuovo metodo e devo dire che ha funzionato».
Remy gli tirò un leggero pugno sulla spalla, lasciando così andare il suo viso. Non sentire più la sua barba sotto ai polpastrelli bruciava terribilmente.
Il batterista rise e la salutò con un cenno della mano.
«Ci vediamo domani, allora. Buonanotte e sogni d’oro». Si congedò con un rapido saluto, umettandosi le labbra. Sentiva ancora il sapore di lei.
Remy lo osservò andarsene, finché non sparì nell’ascensore.
Si richiuse la porta alle spalle.
Era contenta. Felice che fosse arrivato e l’avesse fermata.
Aveva potuto assaporare il suo sapore e le sue labbra senza l’eccitazione provocata dall’eroina.
Quel pensiero però la riportò alla realtà. Doveva dissotterrare il suo astuccio e completare quello che stava iniziando prima che arrivasse l’uomo.
Shannon fu momentaneamente dimenticato.
Al suo posto, i pensieri di Remy furono completamente occupati da quella polverina bianca che stava per intossicare il suo corpo ancora una volta.

 
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railen.
CAT_IMG Posted on 1/10/2010, 15:19




Titolo: look in my eyes, you're killing me.
Genere: Generale, Sentimentale, Drammatico.
Autrice: railen.
Rating: Giallo.
Capitolo: fourth chapter ~ Non volevo farti sapere chi sono veramente.
Personaggi: Shannon Leto // Remy (Personaggio inventato)
Note dell’autrice: Il titolo anche questa volta è POV Remy. Sa perfettamente che se Shannon dovesse scoprire chi è veramente - un'eroinomane, appunto - probabilmente non lo rivedrebbe mai più. E non vuole.
E senza aggiungere altro, leggete pure *w* Se volete, ovviamOnte xD


LOOK IN MY EYES
you're killing me


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Shannon bussò alla porta e attese. Sentì del rumore in sottofondo e poco dopo la porta si aprì, mostrando Remy.
Era vestita come la sera prima, solo che i capelli ora erano sciolti e sparsi un po’ ovunque sulla sua testa. Teneva gli occhi socchiusi e probabilmente si era appena svegliata.
Si grattò il naso e si spostò, lasciando che lui varcasse la soglia.
«Vieni, accomodati».
L’uomo non se lo fece ripetere e si tolse il cappello di lana nera che aveva in testa. Indossava il chiodo di pelle aperto su una canotta blu scuro a righine bianche, una sciarpa multicolor, jeans neri e quegli strani anfibi tutti colorati.
«Ehi, buongiorno. E’ troppo presto per te?». Ridacchiò e studiò di nuovo la stanza.
La ragazza si riavviò i capelli. «Uhm, no. Sono sveglia da un paio d’ore circa, però non mi sono ancora ripresa».
Shannon scosse la testa e si voltò completamente verso di lei, che però non lo guardava in faccia ma teneva la testa bassa, come se vedesse per la prima volta i propri piedi.
«Oggi pomeriggio ho un’intervista, me ne ero scordato. Dobbiamo andare fino a Montclair, nel New Jersey. Non è tanto distante, però non mi permette di stare troppo tempo con te». Sospirò, scuotendo la testa. «Ti va se usciamo ora e pranziamo insieme? Poi ti riporto qui, così ti prepari che dobbiamo partire».
Era strano includere anche lei in quel “dobbiamo”. Ma se seguiva tutto il tour doveva fare il loro stesso percorso, anche se in separata sede.
«Non c’è problema», rispose Remy sfuggevole, sfregandosi il braccio sinistro. «Ti spiace se faccio una doccia veloce?».
«No problem». Il batterista si sedette sul divano, accese la TV e incominciò a fare zapping.
Remy sparì in camera per prendere i vestiti, nascondendoci all’interno l’amato astuccio. Passò velocemente per andare in bagno, controllando Shannon che rimase seduto con gli occhi incollati alla TV.
Gli era quasi preso un colpo vedendolo. Sapeva di doverlo incontrare, ma non si aspettava di vederlo spuntare così presto, alle otto del mattino.
Si era svegliata verso le sei, dopo nemmeno quattro ore di sonno. Che schifo.
E come di consueto, appena sveglia si era sparata una dose di eroina. Aveva tenuto gli occhi bassi davanti a Shannon perché non voleva che li vedesse. Non voleva che capisse con chi aveva a che fare.
Durante la giornata avrebbe usato spessi occhiali scuri.
Aprì l’acqua della doccia, lasciando che si scaldasse. Accese tutte le luci possibili e si sedette nella vasca idromassaggio. C’era luce in abbondanza, era in una posizione comoda ed era tutto perfetto.
Come al solito rovesciò tutto ciò che c’era nell’astuccio sul fondo della vasca. Si legò il braccio con il laccio emostatico sperando di vedere apparire qualche vena, aprì la stagnola e mise la roba sul cucchiaino annerito, mischiandola al limone per diluirla meglio.
Poi con l’accendino la scaldò e quando fu pronta, prese la siringa. Aspirò l’eroina al suo interno e guardò sconsolata le vene che non si vedevano.
Sospirò e chiuse gli occhi. Aveva avuto una paura folle delle siringhe e degli aghi in passato e ora invece faceva tutto da sola, senza che nessuno la costringesse.
Infilzò l’ago nella carne per la prima volta e provò ad aspirare, ma nulla. Provò una seconda, in un punto diverso non molto lontano dal primo e il risultato era sempre quello.
Stava già dando in escandescenza. Di là c’era Shannon che l’aspettava e doveva ancora farsi la doccia. Se non fosse dovuta uscire non avrebbe dovuto farsi un’altra dose, ma temeva che le cose potessero diventare troppo lunghe e di certo non poteva infilarsi nel primo cesso che incontrava per strafarsi di nuovo.
Doveva farlo subito per tirare fino a pranzo e magari la prima metà del pomeriggio in modo che la voglia di bucarsi di nuovo non tornasse mentre era fuori con Shannon.
Al terzo tentativo riuscì nel suo intento: aspirò un po’ di sangue nella siringa e si sparò il quartino in vena.
L’effetto fu immediato e vagliò per qualche istante i ricordi tra lo sniffo e il buco. Aveva sniffato veramente poche volte, quando andava di fretta. L’effetto era più lento e ogni volta che tirava su la polverina con il naso le veniva un conato di vomito.
Il buco invece era completamente diverso. Le sembrò di essere estraniata dal mondo e inizialmente la fece sentire completamente di merda. In un secondo però si rilassò e si lasciò andare.
Tolse la siringa dal braccio e se lo slegò, addormentandosi subito dopo nella vasca. Le succedeva spesso, soprattutto se aveva già una dose di eroina in corpo.
Shannon guardò verso la porta del bagno. Remy era lì dentro da mezz’ora e sentiva il rumore dell’acqua che scorreva incessante. Quanto le ci voleva?
Si alzò e si sgranchì le gambe, togliendosi il chiodo e buttandolo al suo fianco. Lo aveva tenuto addosso sperando di rimanere lì poco ma le cose erano andate per le lunghe.
Si avvicinò al bagno e bussò, attendendo una risposta. Non sentì niente, perciò ritentò.
«Remy?». Magari era sotto la doccia e non lo aveva sentito.
Un brutto presentimento si abbatté su di lui e bussò nuovamente.
«Remy, sto per entrare», avvertì. Di certo non voleva trovarsela nuda.
O meglio, non voleva trovarsi con cinque dita sulla faccia. Per il fatto che potesse essere nuda… beh, sono cose che capitano, no?
Riuscì a girare la maniglia, sospirando di sollievo quando notò che la porta non era chiusa a chiave.
Fece capolino solo con la testa, così almeno poteva tirarsi indietro facilmente nel caso di lancio d’oggetti.
Guardò prima nella doccia, scorgendo l’acqua aperta ma nessuno al suo interno. Spostò lo sguardo e arrivò alla vasca, dove vide la ragazza rannicchiata e con la testa di lato.
«REMY!».
Shannon corse verso di lei, inginocchiandosi di fianco alla vasca. La ragazza sembrava più pallida del solito, però respirava. Il movimento del suo petto era lento e profondo.
Ai suoi piedi poi vide il suo armamentario. La siringa, il cucchiaino annerito, l’accendino, il laccio emostatico, la stagnola vuota…
Le raddrizzò entrambe le braccia e controllò immediatamente il sinistro, quello che le aveva visto grattarsi. Notò subito le tre punture fresche e poi capì il motivo di tanti buchi. Quasi non le si vedevano le vene, benché la sua pelle fosse pallidissima. Non lo stupiva affatto che le ci volesse più di un tentativo.
La prese tra le braccia, sollevandola dalla vasca. Non era per niente pesante e gli riuscì facile trasportarla fino al divano, dove l’adagiò.
Respirava regolarmente, perciò non era un’overdose.
Non era sicuro di cosa dovesse fare. Prenderla a schiaffi direttamente, quella era la scelta a cui stava pensando.
Prese l’iPhone dalla tasca dei jeans e compose il 911.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, una mano gli si posò sul polso.
Shannon guardò la ragazza che aveva gli occhi aperti e lo fissava sonnolenta. «Sto bene. Credo di essermi addormentata».
L’uomo la scrutò sconvolto. Le pupille di Remy erano strette come due spilli e facevano molta impressione.
«Tu…». Shannon tacque, troppo sconvolto da quello che aveva appena visto e scoperto per riuscire a dare un senso alle sue parole. «…Ti eri addormentata?».
Remy annuì e distolse lo sguardo dal viso consapevole del batterista. Si grattò il braccio, soprappensiero.
«Sì, ogni tanto mi capita… Non ho dormito molto».
Shannon le tirò il braccio tanto forte da farle male. Indicò una delle punture fresche, ancora arrossate, il volto stravolto dalla rabbia.
«TU TI DROGHI», urlò lasciandole andare il polso.
La ragazza si strinse il braccio dolorante al petto e si limitò a fissarlo assente.
«E quindi?», domandò con voce esile, seguendo i movimenti agitati dell’uomo.
Shannon si bloccò all’improvviso. E quindi? Ma cosa vuol dire “e quindi?”. Lei non capiva quanto grave fosse la situazione?
«Finirai per ammazzarti!».
Remy si alzò dal divano, nervosa. Dopo essersi bucata le serviva un po’ di tempo per smaltire, aveva bisogno di qualche minuto, almeno un quarto d’ora di pace e tranquillità. Si era addormentata subito, perciò non aveva ancora fatto in tempo a tranquillizzarsi.
E le chiacchiere di Shannon la stavano innervosendo. Si alzò dal divano e si diresse verso la sua camera.
«Questi non sono affari tuoi e comunque non sono dipendente fisicamente, posso smettere quando voglio».
Il batterista la seguì, ancora indignato. Doveva capire perché una ragazza come lei, nel pieno della vita, abusasse così della droga.
Ridacchiò nervoso, appoggiandosi allo stipite della porta.
«Oh, certo. E’ una delle tante cazzate che si ripetono i drogati, giusto? Almeno finché non si ritrovano in un cesso puzzolente, morti e con l’ago infilato nel braccio».
Remy si limitò a fare spallucce e prese qualche vestito sparso in giro per la stanza, buttandoli nella valigia. Non voleva rimanere lì un minuto di più.
Shannon invece era disperato. Davanti ai suoi occhi vedeva ancora la siringa all’interno della vasca e Remy addormentata. A lungo andare quella scena si sarebbe potuta ripetere, con la differenza che la ragazza non si sarebbe più mossa.
Scosse la testa, scacciando quel pensiero.
«Perché lo fai?». Nella sua voce si sentiva tutto l’abbattimento che provava.
Remy si fermò ed alzò la testa.
«Tu perché suoni la batteria?».
Shannon era impreparato a una domanda simile, anche perché era stupido fargliela.
«Perché mi piace e perché mi diverte». E posso esprimere al meglio me stesso, pensò ma non lo aggiunse, perché non capiva dove lei volesse andare a parare.
La ragazza scrollò di nuovo le spalle. «Bene, a me piace iniettarmi l’eroina nel braccio». Gli lanciò un’occhiata scocciata. «Contento?».
L’uomo esplose. Fece un passo avanti minaccioso, la rabbia visibile sul suo viso. «Ma che cazzo c’entra? Suonare è la mia passione, non morirò mai suonando la batteria!».
Anche Remy si spazientì nel sentirlo urlare. Si alzò di scatto dalla valigia che stava riempiendo e gli si avvicinò, minacciosa in quell’esile corpo.
«Tu dici? Che ne sai, magari un giorno inciamperai nella batteria e per riuscire a non cadere ti ci aggrapperai. La batteria non sarà montata nel modo giusto e cadrai a terra, portando la batteria con te che ti schiaccerà e ti ucciderà». Portò le mani ai fianchi. «Ti piace come dinamica?».
Shannon spalancò gli occhi. Quella storiella lo avrebbe fatto ridere in un’altra occasione, ma in quel momento lo faceva solo infuriare.
Ma Remy incalzò di nuovo. «Visto che parli tanto, perché fumi? Quello non fa male?». La faccenda della batteria era stata tirata in ballo per fargli dire che gli piaceva suonarla. E a lei piaceva davvero iniettarsi d’eroina, per quanto questo potesse sembrare strano.
Shannon abbassò gli occhi colpevole. Non poteva ammettere che lo rilassava e che era dipendente dalla nicotina.
«E allora?! Non è come l’eroina!».
«Ma anche il fumo può farti morire! Ci metterà più tempo di qualsiasi altra droga, ma può portare un cancro ai polmoni e allora addio! Quindi non venire a rompere le palle a me!». Remy alzò le braccia in un gesto spazientito. «E guarda che sfiga! Eroinomane e tabagista! Il mio fegato e i miei polmoni implorano pietà!».
Shannon afferrò le spalle della ragazza, guardandola negli occhi. Quelle pupille strettissime lo fissavano con rancore.
«Devi smetterla con quella roba, ti ucciderà! Come può una ragazza come te…».
Non terminò la frase perché Remy si allontanò di scatto da lui, appoggiandogli le mani sul petto e spingendolo.
«Una ragazza come me?», disse indicandosi. «Tu non sai niente di me, Shannon! Non ti ho chiesto io di venire qui e di entrare così nella mia vita solo per dirmi che faccio schifo!».
L’uomo sorrise amaro e scosse la testa. E’ vero, sapeva ben poco di lei ma non era stato lui quello che aveva deciso di mescolare le loro vite.
«E invece sei stata tu a chiedermelo, Remy», chiarì. «Me lo hai chiesto quando mi hai baciato, quando ti sei fatta trovare sul bus e anche quando ci siamo incontrati alla reception».
Lei non sorrise a quella logica. Aveva fatto tutto lei in effetti, ma non voleva subire la predica da Shannon. Non voleva farsi dire che non era in grado di affrontare la sua miserabile vita se non si drogava. Non voleva che Shannon capisse quanta merda ci fosse in lei.
Gli indicò la porta. «E allora vai via, Shannon. Non voglio più vederti».
«Ma…».
«FUORI DI QUI!», gli urlò con le lacrime agli occhi. «Ti prego, vai via».
Non avrebbe sopportato un secondo di più vedere quegli occhi nocciola che la guardavano compassionevoli.
Shannon era diviso tra la voglia di scappare da quel posto e da quello che aveva visto oppure rimanere lì e cercare di far ragionare Remy. Sapeva perfettamente che un paio di parole non servivano a far desistere un drogato, ma avrebbe tanto voluto trascinarla con sé e tenerla d’occhio costantemente per non farle fare ulteriori pazzie.
Non era la prima volta che aveva a che fare con dei drogati, ma Remy lo aveva completamente sorpreso.
La guardò piangere – combattendo con la voglia di andare a consolarla – e infine si voltò, tornò al divano per prendere le sue cose e uscì quella stanza d’albergo.
Remy si lasciò cadere a terra e si rannicchiò su sé stessa, portando le gambe al petto, abbracciandole. Poco dopo, stanca dalla discussione e dalle lacrime, si addormentò di nuovo.


Il batterista era al piano superiore del tour bus. Aveva ben presto rinunciato al giro per New York.
Tomo era andato a chiamarlo ma lui non si era sentito in vena di accompagnare l’amico. E comunque non sarebbe stato di compagnia.
Aveva fatto le valigie e poi aveva atteso finché Emma non era andato a chiamarlo per la partenza.
Ora erano diretti a Montclair e New York, con le sue scoperte e le sue rivelazioni, sembrava già lontana.
Fissava la TV senza vedere veramente ciò che trasmetteva. Le luci al neon coloravano il piccolo locale con vari colori grazie alla modalità Random.
Quasi non si accorse di Tomo che lo aveva raggiunto, almeno finché non si accomodò al suo fianco.
Il chitarrista aveva capito che l’amico aveva qualcosa che non andava, ma aveva deciso di tacere. Se Shannon avesse voluto dirgli cosa gli girava in quella testa intricata, sapeva benissimo di poter contare su di lui.
Aveva solo bisogno di tempo per sbollire e per riflettere.
Spazientito dal tenersi tutto dentro e dagli occhi che sentiva addosso, Shannon si stravaccò. Si preparò a parlare fingendo che la cosa non avesse alcuna importanza per lui.
«Secondo te perché uno incomincia a drogarsi?», domandò alzando gli occhi verso l’amico.
Tomo si strozzò con l’acqua che stava bevendo da una bottiglietta. Si asciugò la bocca dopo aver tossicchiato per qualche breve istante.
«Perché questa domanda?».
«Voglio sapere cosa porta delle persone a rovinarsi».
Il croato scrollò le spalle. «Non lo so. C’è chi lo fa perché ha “una vita difficile”». Mimò le virgolette con le dita.
Shannon sorrise amaro. «Lo fanno anche i VIP che hanno ogni cosa esistente sulla faccia della Terra».
Tomo rise ed annuì. «Allora noi siamo fortunati e intelligenti!».
Il batterista sorrise debolmente.
Cos’aveva Remy che non andava nella sua vita? Certo, era scappata da un ospedale psichiatrico da quanto aveva detto. Ma cosa ci faceva lì dentro?
Di certo non era per la droga, perché in quel caso sarebbe andata in un centro di riabilitazione per disintossicarsi.
E allora cosa c’era di strano in lei da rinchiuderla lì dentro? Nelle loro chiacchierate aveva potuto capire che il cervello della ragazza funzionava bene quanto il suo.
Depressione? Poteva essere una valida ragione e spiegava anche l’uso di eroina.
Però bastava quello per rovinarsi completamente la vita? Remy gli era sembrata una ragazza intelligente anche se un po’ pazza. Poteva arrivare a bucarsi le braccia solo per tristezza?
«Comunque sia, ti è successo qualcosa?».
Shannon tornò al presente e guardò Tomo che gli aveva appena posto quella domanda.
«Niente di speciale, perché?».
«Quando sei così concentrato e taciturno ti è capitato qualcosa di poco piacevole».
Il batterista si limitò a scrollare le spalle per lasciar cadere il discorso.
«Ehi, che succede qui?».
Jared li stava guardando. Era appena salito al piano superiore e li fissava sgranocchiando una mela. Nessuno dei due si era accorto del suo arrivo.
Tomo bevve un altro sorso d’acqua. «Shannon vuole sapere cosa spinge una persona a drogarsi».
L’uomo non fece in tempo a fermare l’amico. Jared aveva i raggi X sulle questioni che riguardavano il fratello e infatti lo fissò in modo strano, cercando di studiare la sua reazione.
Il frontman diede un altro morso alla mela, spostandosi dagli occhi la cresta bassa. «Pura idiozia e tanta voglia di morire».
Shannon strinse pugni e palpebre, guardando malignamente il fratello minore.
Lui non poteva capire. Quello non era uno dei suoi film, stavano parlando di vita reale, anche se gli altri due non sapevano dove volesse andare a parare.
«Non è così. Metti caso che una persona ha troppi problemi…».
Jared rise secco. «I problemi si risolvono, Shannon! Chi non ha mai avuto problemi nella propria vita?».
Il fratello maggiore si alzò di scatto. «Ma forse sono problemi troppo grandi!».
«Niente è troppo grande se vuoi risolvere una situazione». Jared socchiuse gli occhi e fece un cenno con il mento. «Ma dimmi, come mai questa fissa per i drogati? Non ti sarai messo a sniffare, vero? Hai qualche problema irrisolvibile?».
Si voltò verso Tomo ridacchiando, ma il chitarrista non si unì alla cazzata che aveva detto. Era preoccupato per il batterista che sembrava alterato.
«Oh, ma stai zitto Jared!». Stava tentando di affrontare un problema serio e il fratello ci rideva su. «Come cazzo ti vengono in mente certe cose?».
Jared gli si avvicinò, poggiandogli il braccio destro sulle spalle.
«Dai bro. Non ti preoccupare, finiamo il tour e ti portiamo a disintossicare».
Shannon aveva una gran voglia di tirar un pugno su quel ghigno che gli piegava le labbra. Si spostò bruscamente, sfuggendo all’abbraccio del minore.
«Vai affanculo, Jared. Io mi preoccupo per lei e tu non fai altro che prendermi per il culo?».
Tomo si spostò appena per guardarlo in faccia e Jared cambiò immediatamente espressione, inarcando un sopracciglio.
«Lei?».
Shannon non gli aveva parlato di nessuna “lei” nella sua vita e non aveva la minima idea a chi si stesse riferendo. Invece Tomo, dietro di lui, una mezza idea se l’era fatta.
Il batterista scrollò le spalle e si voltò, senza guardarlo. Aveva fatto una gaffe, ma Jared gli aveva fatto girare letteralmente i coglioni.
«Lascia perdere, grazie dell’aiuto». Scese i primi due scalini, prima di bloccarsi e guardarlo. «La prossima volta che vorrò fare un discorso serio saprò da chi andare. E non sei tu».
I suoi occhi caddero su Tomo e gli fece un breve cenno di saluto con la testa.
Tornò al piano inferiore e senza dire niente si sdraiò sulla sua branda, le cuffie dell’iPod nelle orecchie ad altissimo volume. I Metallica esplosero nella sua testa impedendogli di sentire ciò che succedeva attorno a lui.
Ma non gli impedirono di pensare.
Doveva fare qualcosa. Però cosa? Lui era in tour e non poteva mettersi a star dietro a quella ragazza che conosceva appena. E anche a farle un discorso serio… con un discorso un drogato non si era mai disintossicato.
Però voleva capire cosa la spingesse a cercare la morte – perché di quello si trattava – in quel modo. Perché non si godesse la vita, perché non cercasse di riscattarsi da una possibile esistenza di merda, perché non reagisse alle avversità.
A soli ventitré anni aveva già un piede nella fossa.
E con i pensieri che vorticavano sugli occhi chiari della ragazza in cui le pupille si erano ridotte a due fessure, si addormentò. Fu svegliato poco dopo da Tomo che gli disse di prepararsi per l’intervista.
E quando scese dal bus, la faccenda Remy era stata accantonata in un angolino della mente, dove non avrebbe disturbato durante il lavoro.

 
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railen.
CAT_IMG Posted on 13/10/2010, 09:13




Titolo: look in my eyes, you're killing me.
Genere: Generale, Sentimentale, Drammatico.
Autrice: railen.
Rating: Giallo.
Capitolo: fifth chapter ~ Il pensiero di te mi tiene sveglio.
Personaggi: Shannon Leto // Remy (Personaggio inventato)
Note dell’autrice: Stavolta il titolo è POV Shan. Se lo merita ù.ù
Sto capitolo... non so. Non mi convince del tutto. Per fortuna non deve convincere me, ma voi, quindi spero che vi piaccia ♥
So anche che non risolve praticamente niente, ma presto la storia di Remy verrò fuori. Shan è peggio del Detective Conan xDD
E anche l'immagine non mi convince ù.ù Va beh, lasciamo stare, troppe paranoie °__°
Buona lettura e al prossimo capitolo! Che vi piacerà, giuro ù.ù
Vi amo, sappiatelo e ricordatevelo forevah *_*


LOOK IN MY EYES
you're killing me


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Shannon si sentiva un pervertito. Uno stalker. Insomma, qualcosa di poco carino.
Erano passati due giorni da New York e ora erano a Philadelphia. L’aveva vista tra la folla, non era stato difficile individuarla. Era sempre davanti ma questa volta era rimasta dalle parti di Jared.
E non l’aveva calcolato. Lui la puntava come una tigre pronta a balzare sulla preda e lei nemmeno si curava della sua presenza. Lasciava semplicemente che la musica entrasse nel suo corpo e la facesse muovere, ma i suoi occhi erano sempre incollati sul fratello minore e ogni tanto andavano a Tomo.
L’unica volta che gli occhi chiari della ragazza si erano posati sul batterista, fu quando lui lanciò le proprie bacchette a fine concerto. Si erano guardati e Shannon le aveva lanciato una bacchetta praticamente tra le mani.
Non c’erano stati sorrisi o parole, ma solo un semplice fissarsi che nascondeva dietro a quello sguardo prolungato dei segreti celati.
Quando i componenti della band avevano lasciato il palco, Remy aveva aspettato qualche minuto, il tempo che la folla assiepata nel parterre si diradasse; poi si era diretta verso l’uscita.
Shannon, ormai al sicuro nel backstage, l’aveva guardata andare via. Avrebbe voluto raggiungerla e fermarla, dicendole qualcosa del tipo “sei una grandissima deficiente ma vorrei aiutarti”. Però non poteva saltare giù dal palco in un gesto eroico, correre da lei come succedeva nei film d’amore e fermarla. E magari tirarle uno schiaffo, o guardarla arrabbiato. Qualcosa che mettesse in risalto la sua rabbia e la sua disperazione per la ragazza.
Perciò aveva chiamato John, un ragazzo alquanto riservato e gli aveva chiesto di pedinarla per lui, almeno finché non si fosse liberato. Poi avrebbe preso il suo posto e avrebbe provato a risolvere qualcosa.
Aveva bisogno di parlarle, ma non aveva il suo numero. E comunque era sicuro che Remy non avrebbe accettato un semplice “ti devo parlare”.
Ora stava firmando decide e decine di autografi, sorrideva cordiale a tutte le persone che lo circondavano, chiacchierava… ma la sua mente ruotava intorno alla ragazza.
«Ora dobbiamo andare», disse Jared, ammaliando le persone che aveva intorno con gli occhioni azzurri. «Grazie per essere venuti allo show!».
Shannon e Tomo lo imitarono, seguendolo sul tour bus. Posarono i regali che gli avevano fatto gli Echelon e Shannon attese che il bus si allontanasse un po’.
«Puoi fermarti qui?», chiese all’autista.
«Dove vai?». Jared lo trafisse con uno sguardo. Suo fratello stava tramando qualcosa e non gli piaceva.
Il batterista alzò le spalle e lo guardò appena. «Ho da fare».
«E perché non ci hai avvertito prima?». Il frontman si indicò e poi spostò la mano verso Tomo, includendolo.
«Perché ho quarant’anni e sono adulto. Non ho bisogno di dirti cosa faccio». Un breve cenno di saluto verso il chitarrista. «Ci vediamo dopo».
Scese dal bus, prese l’iPhone dalla tasca e cercò in rubrica il nome di John.
«Pronto?».
«Ehi, John! Dove sei?».
«Oh, Shannon! Ho fatto come mi hai chiesto e sto seguendo la ragazza. Non si è accorta di me, credo. Ha incontrato un tizio e ci ha parlato per poco, ma niente di che».
L’uomo strinse maggiormente il cellulare e chiuse gli occhi. Sapeva perfettamente con chi si era incontrata Remy. Non poteva essere altro che uno spacciatore.
«Okay, grazie. Dove siete?», domandò. Voleva raggiungerla e dirle tutto ciò che aveva sulla punta della lingua.
«Siamo al…». Un secondo di esitazione. «Fairmount Park».
«Perfetto, arrivo tra poco».
Chiamò un Taxi e disse all’autista la propria direzione. Non sapeva la via del parco ma il taxista sì, era molto famoso da quelle parti. In cinque minuti era arrivato.
Scese dal taxi e disse all’autista di aspettare per qualche minuto. Prese di nuovo l’iPhone e se lo portò all’orecchio.
«John, dove sei?».
Il ragazzo gli spiegò dove si trovava e poco dopo Shannon lo raggiunse, dandogli una pacca sulle spalle.
«E’ dentro a quella macchina», gli disse John, indicando una vettura poco distante.
Shannon sorrise cordiale. «Grazie mille. Mi sei stato di grande aiuto, John». Gli era davvero riconoscente. «Ora vai, c’è un taxi che ti aspetta».
Si salutarono e l’uomo non si raccomando nemmeno di fargli tenere la bocca chiusa. John era un ragazzo riservato e non sarebbe andato in giro a spiattellare i cazzi suoi a qualcuno.
Aspettò che si allontanasse e si diresse verso la macchina. Dal suo interno arrivava una piccola luce e Remy si muoveva con gesti frenetici e non si era accorta della sua presenza.
Arrivato alla portiera del passeggero l’aprì, facendo sobbalzare la ragazza.
Si accomodò sul sedile senza aspettare il permesso di entrare e chiuse la portiera.
«Shannon?», disse Remy sconvolta, fissandolo. «Che ci fai qui?».
L’uomo la fissò. In grembo aveva l’astuccio - lo stesso che aveva visto nella vasca - e il braccio era già legato dal laccio emostatico. Allungò una mano verso il suo braccio e glielo slegò, guardandola poi con rabbia.
«Devi smetterla con questa roba!».
«E tu sei venuto qui per questo? Prima entri di soppiatto nella mia macchina, facendomi rischiare un infarto e poi mi dici di non farmi?». Si legò di nuovo il braccio e lo fissò in segno di sfida. «E allora rimani pure qui e stai a guardare».
Si fissarono quasi con odio. Remy era decisa a dimostrargli che non bastavano due parole in croce per farla smettere e che la sua presenza non gli faceva né caldo ne freddo. Shannon invece rimaneva lì per metterle pressione psicologica.
La ragazza si legò di nuovo il braccio e cercò di estraniare l’uomo. Le era già difficile bucarsi normalmente, senza che nessuno la fissasse. Però sentiva gli occhi magnetici di Shannon su di sé e ciò la distraeva.
Prese l’eroina e aprì la stagnola, appoggiandola sulla coscia. Afferrò il cucchiaino e vi appoggiò sopra la polverina e la diluì con qualche goccia di limone.
La scaldò con l’accendino e quando fu pronta, l’aspirò con la siringa. Avvicinò l’ago al braccio, socchiudendo gli occhi per aguzzare la vista. Sbuffò e accese ogni possibile luce d’emergenza all’interno della macchina.
«Cristo, non c’è abbastanza luce in questo fottuto buco!».
Shannon avvicinò l’iPhone al suo braccio, illuminandolo con la luce del display.
«Ora va meglio?», domandò sprezzante.
«Vaffanculo, stronzo». Non solo non c’era abbastanza luce per le sue vene invisibili, ma la presenza di Shannon non l’aiutava. Gli tremava la mano all’idea di doverlo fare davanti a lui.
Ma l’uomo gli tolse ogni dubbio. Afferrò la siringa e gliela tolse di mano, schizzò fuori dalla macchina e la lanciò tra gli alberi. Ora era impossibile trovarla.
Remy uscì dalla vettura altrettanto velocemente. Indicò il punto dove la siringa era andata a finire, troppo buio e troppo pieno di sterpaglie per recuperarla.
La bocca era spalancata dalla sorpresa.
«Ma che cazzo fai?», urlò, aggirando l’auto e andando da lui. Lo spintonò con tutta la forza che aveva nel corpo e non era molta. «Quella roba l’ho pagata!».
Shannon sorrise. Un sorriso bastardo e stanco allo stesso tempo. «Hai speso male i tuoi soldi».
Le bloccò i polsi, fermandola. Remy tirò dall’altra parte per liberarsi, ma senza successo.
«E’ la mia vita, tu non hai il diritto di dirmi cosa posso o non posso fare».
«La stai buttando via la tua vita!».
La lasciò andare nel momento stesso in cui lei provava a tirare di nuovo. La ragazza si sbilanciò e cadde con il sedere a terra.
Shannon la fissò sorpreso e infine ridacchiò, portandosi una mano davanti alla bocca per non farsi notare. Remy lo scimmiottò, alzandosi e pulendosi i jeans.
«Già, divertente».
Si voltò, infilò le mani in tasca e incominciò a camminare a caso. Non sapeva dove stava andando, non conosceva la città e non conosceva quel parco. Aveva solo bisogno di camminare, di sbollire e di non pensare. Le risultava difficile senza avere un po’ di droga in circolo, ma doveva provarci.
Si riparò all’interno della sua felpa da uomo, così larga e lunga da arrivarle alle ginocchia. Camminò per un po’, fino ad arrivare allo Strawberry Mansion Bridge.
Si appoggiò ad esso e si sporse appena a guardare in giù. Chissà se un tuffo nell’acqua le avrebbe fatto bene…
Un movimento alla sua sinistra la fece voltare di scatto.
La luce delle lanterne illuminavano il viso di Shannon a metà.
Remy chiuse gli occhi e si portò una mano alla fronte. «E’ già la seconda volta che mi spaventi, oggi». E nel giro di dieci minuti, oltretutto. «Cosa ci fai qui? Pensavo di averti detto chiaramente di lasciarmi in pace».
Shannon si appoggiò al ponte e come Remy, si sporse un po’ a guardare l’acqua sotto di loro. «Ti sto tenendo d’occhio».
«Speri che non corra dal mio spacciatore di fiducia a comprare una nuova dose?».
Le fece l’occhiolino, portandosi una sigaretta alle labbra. «Esattamente».
Lei rimase a guardarlo mentre l’accendeva, inspirava ed espirava il fumo.
Strinse la mascella, arrabbiata. «Non puoi controllarmi per sempre, Shannon».
Il batterista si voltò verso di lei, triste. Sospirò e scosse la testa.
«Hai ragione, non posso. Ma al momento sì, quindi stai zitta e goditi il panorama».
Remy rimase a bocca aperta. Rimase a fissarlo per un po’ e poi decise di godersi il panorama. Però i suoi occhi alternavano ciò che aveva davanti a Shannon.
Non riusciva a stare concentrata sull’acqua che scorreva sotto il ponte, sul vento che soffiava tra gli alberi… in qualche modo tornava sempre a lui.
«Perché lo fai?», domandò infine. Doveva capire.
Shannon sembrava perso nei suoi pensieri. Solo un lieve stringersi nelle spalle le fece capire che l’aveva sentita.
«Perché non riesco più a dormire». Si morse il labbro inferiore.
Remy si voltò completamente verso di lui. Aprì la bocca per dire qualcosa e la richiuse, riflettendo. Quando ci provo di nuovo, le parole gli uscirono con un fondo di ironia.
«E prendere una camomilla? O magari un sonnifero, come tutti».
Shannon si lasciò andare ad una grossa risata. Fece cadere a terra la sigaretta e la ragazza si trattenne dal rimproverarlo, evitando di sollevare un dibattito sull’inquinamento di un posto così bello. Tacque solamente perché sentì le dita dell’uomo percorrerle il viso. Le accarezzarono lo zigomo, proseguirono sulla mascella e terminarono sul mento.
«Non è una semplice insonnia», mormorò. I suoi occhi – che quel giorno avevano assunto una sfumatura verde tendente al giallo – puntarono in quelli della ragazza con insistenza. «E per colpa tua che non dormo più».
«Colpa mia?».
«Sì. Da quando ho visto quello che fai… mi sto preoccupando».
Remy si allontanò bruscamente, lasciando che la mano di Shannon accarezzasse il vuoto.
«Non te l’ho chiesto, Shannon. Sto benissimo».
Lei si allontanò rimanendo a fissarlo per qualche secondo, per assicurarsi che non si muovesse. Infine lo superò senza difficoltà, diretta alla macchina. Doveva andarsene da lì e stava perfino valutando di non partecipare più agli show dei Thirty Seconds To Mars in modo da mettere una certa distanza tra loro due.
Non solo perché trovava irritante lo strano interesse che Shannon aveva per lei – interesse legato totalmente alla droga e non da lei come persona – ma anche perché non sopportava guardarlo negli occhi e leggervi dentro tutta la sofferenza che era in grado di scatenargli.
Non fece molta strada. Sentì solo una specie di grugnito infastidito alle spalle, prima di essere voltata con una presa ferrea sul polso destro.
Per non scontrarsi contro Shannon, gli appoggiò le mani sul petto. L’uomo le tenne strette a sé, digrignando i denti per la rabbia.
Pensava che Remy fosse insopportabile quando si comportava così. Ogni volta che toccava l’argomento droga, lei scappava davanti all’evidenza. E si infuriava con lui.
Beh, lui aveva bisogno di sapere e questa volta non l’avrebbe lasciata sfuggire.
«Sto solo cercando di aiutarti, Remy!».
«Aiutarmi da cosa, Shannon? Non puoi! Tu non c’entri niente con me, devi solo dimenticare quello che hai visto!».
«E’ questo il punto, non ci riesco!».
«Provaci, perché non sopporto più questa situazione».
L’uomo allentò leggermente la presa e scosse la testa. Lasciò che lei si allontanasse di qualche passo.
«Devo solo sapere perché lo fai».
Remy calciò un sasso ai suoi piedi e irrigidì la mascella. Quando alzò la testa dal terreno, i suoi occhi bruciavano di rabbia in quelli di Shannon. Incominciò a camminare agitata, non riuscendo a stare ferma.
«Tu vuoi la conferma di qualcosa e non capisco cosa sia», disse tra i denti, accompagnando le parole con gesti affrettati. «Non posso essere una normale ragazza che è andata in discoteca, ha provato l’eroina e ha pensato che grazie a quella la vita fosse più facile?».
Shannon le si avvicinò di nuovo, per niente preoccupato dall’ira che sentiva emanare dalla ragazza.
«No», scosse la testa deciso. «Sei troppo intelligente per fare una cosa simile».
Remy si fermò, portandosi le mani tra i capelli. I suoi occhi sofferenti non si staccavano dal viso di Shannon. Era duro e non capiva se fosse a causa della risposta che attendeva e che lei trovava difficile dargli, o semplicemente perché lei era sbagliata.
Che cavolo ci faceva lì, in fondo? Lei non era così importante e lui aveva ben altro da fare.
Sospirò e si portò le mani agli occhi, piegando la testa.
«Tu hai una vita perfetta, Shannon». Le sue parole risultavano smorzate a causa delle mani sul viso. «Hai amici, hai dei sogni che stai realizzando, vivi una vita piena e appagante».
L’uomo si sporse in avanti. Aveva voglia di vederle il viso, di toglierle le mani per impedirle di nascondersi di nuovo. Ma invece rimase fermo.
«La mia vita non è sempre stata così. Ho dovuto faticare per arrivare a questo».
Remy finalmente alzò il viso, mostrandolo a Shannon.
«Lo so! Ma tu hai sempre avuto qualcuno accanto! Hai una madre favolosa che ha cresciuto due figli splendidi. E un fratello fantastico che tu adori e che darebbe la vita per te. Hai degli amici meravigliosi che ti sono sempre vicino!». Un sorriso amaro sulle labbra della ragazza. «Non tutti hanno avuto questa fortuna, Shannon».
«Ma tu hai detto che tuo padre e tuo fratello sono morti».
Shannon era confuso. Certo, quello era abbastanza per distruggere una persona, ma… Remy parlava come se non avesse mai avuto del semplice affetto dalla famiglia, nemmeno sua madre che a quanto aveva capito era ancora viva e vegeta.
«Non è vero, ho mentito». Una leggera pausa e giusto il tempo di far trasparire nei suoi occhi rabbia e paura. «Però vorrei che lo fossero».
Lui avrebbe voluto replicare. Non era quello il modo di parlare della propria famiglia, nemmeno lui aveva mai detto qualcosa di male su suo padre. In qualche modo rispettava le scelte che aveva preso, anche se così aveva abbandonato lui e Jared.
Eppure Remy mostrava un risentimento completamente diverso. Era qualcosa di palpabile e di brutto, che la faceva tremare. Non sapeva niente dalla ragazza e non sarebbe riuscito a ricavare l’intera storia nemmeno con le pinze.
Lei non voleva fargli sapere niente. Non voleva che la guardasse ancora più schifato.
Incrociò le braccia al petto, per cercare di rimanere intera. Non poteva permettersi di crollare ora. «E mia madre è inutile. Non ha mai saputo proteggere sé stessa e me, sua figlia!».
All’improvviso fu tra le braccia di Shannon, con grande sorpresa dell’uomo. Lasciò che si stringesse a lui, afferrando il maglioncino che indossava.
Lo guardò con le lacrime agli occhi.
«La verità è che sono debole, Shannon. Non riesco a reggere tutto questo se non mi aiuta l’eroina, perché solo con quella riesco a non pensare».
Shannon le accarezzò il viso e con i pollici le cancellò le scie salate che le avevano rigato le guance.
Gli faceva… tristezza ma allo stesso tempo anche tanta tenerezza. E si ritrovò a pensare ad un modo di proteggerla.
Quel corpo esile, quelle braccia che tentavano di aggrapparsi a lui ma non avevano abbastanza forza…
Doveva fare qualcosa.
Le scostò i capelli dal viso e la strinse ancora di più, appoggiando il mento sulla testa della ragazza. Remy accostò la guancia al petto dell’uomo, lasciando che il suono del suo cuore martellante le entrasse in testa e la calmasse.
Shannon era caldo, aveva un buon profumo e un effetto rilassante su di lei. Avrebbe voluto rimanere stretta in quell’abbraccio per un sacco di tempo.
«Ti aiuterò io», sussurrò Shannon, mentre le accarezzava la nuca.
Remy scosse la testa e lo guardò, un sorrisino divertito a piegarle l’angolo destro della bocca.
«Non puoi aiutarmi, nessuno può farlo», disse dura. «Devi solo lasciarmi stare».
Lui scosse la testa con decisione, lo sguardo fisso nei suoi occhi.
«Ho detto che non ci riesco e comunque voglio provarci».
La ragazza ridacchiò e si mise a giocare con uno dei bottoni del maglione di Shannon, tenendo la testa bassa.
«Allora sei un masochista».
«Parli proprio tu che ti buchi le braccia. Ma stai zitta, va!».
Ridacchiarono e rimasero abbracciati ancora un po’. Quando poi Remy si lamentò del freddo, tornarono all’auto e la ragazza lasciò che fosse Shannon a guidare.
Arrivarono all’albergo dove alloggiava la band e la ragazza prese una stanza tutta per sé. Si congedarono, augurandosi la buonanotte e sogni d’oro.
E per quella sera entrambi tentarono di non pensare a niente.
 
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KEKKA_28
CAT_IMG Posted on 24/1/2011, 19:17




Mi hai fatto perdere un bel po' di tempo ma ti giuro che ne e' valsa la pena! Scrivi benissimo! Adoro il tuo modo di scrivere! Ogni capitolo e' pazzesco, mi hai fatto rimanere a bocca aperta! *_* Sai che amo anche il tuo modo di graficare quindi inutile dirti che le immagini sono bellissime! (bella la ragazza *_* mi sembra di averla già vista, e' un'attrice?) Ah, ultima cosa : l'ultimo titolo e'...*___* BRAVA IREEEEEE!!!
 
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starlight `
CAT_IMG Posted on 30/1/2011, 16:02




Waaa cazzo, è bellissima **
Per ora ho letto solo i primi due,perchè devo scappare ma stasera continuo v.v
Complimenti **
 
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railen.
CAT_IMG Posted on 25/2/2011, 08:42




Grazie mille, girls ♥ I love you *-*
Se riesco, entro oggi metto l'altro capitolo!
 
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7 replies since 1/10/2010, 10:19   273 views
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